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Inchiesta curve Inter e Milan, primi interrogatori: ultrà non rispondono a domande

Francesco Lucci, Andrea Beretta, Riccardo Bonissi e Luciano Romano si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Il pm: "Inter cede a pressioni curva, non basta rimuovere i vertici"

Carcere di San Vittore - (Fotogramma)
Carcere di San Vittore - (Fotogramma)
02 ottobre 2024 | 12.12
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Non ha parlato nessuno. I primi quattro ultrà - Francesco Lucci, Andrea Beretta, Riccardo Bonissi e Luciano Romano - arrestati nell'inchiesta milanese che ha azzerato le curve milanesi e interrogati a San Vittore dal gip di Milano Domenico Santoro, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Gli interrogatori, a cui ha assistito il pm Paolo Storari, proseguiranno nel pomeriggio.

La strada del silenzio è anche dettata dalla necessità di leggere i numerosi atti che fanno parte dell'inchiesta che ha portato complessivamente a 19 arresti per sospette infiltrazioni criminali nelle curve di San Siro. Le due tifoserie sono legate dai business illeciti di biglietti e parcheggi, ma mentre la curva Sud sembra più orientata a pestaggi a pagamento, la curva nerazzurra deve rispondere di associazione per delinquere aggravata dalla finalità di agevolare la cosca di 'ndrangheta dei Bellocco.

Difesa Beretta: "Nessuna pressione per avere le tessere"

Mirko Perlino, difensore di Beretta - già detenuto a San Vittore per l'omicidio del 'compagno di curva' Antonio Bellocco - e avvocato noto per aver difeso negli anni la curva Nord ribadisce che "non c'è stata nessuna pressione per avere le tessere che venivano regolarmente pagate e sui biglietti non ci sono mai state minacce dirette. L'unica minaccia è 'se non ci danno i biglietti per Istanbul, per la finale di Champions League, non ci andiamo' e a mio parere non è una minaccia, ma è dire o accontentiamo tutti o non ci va nessuno".

Inoltre, Beretta "i rapporti con i calciatori non li aveva, qualcuno ha avuto dei rapporti con i calciatori e che io sappia erano molto cordiali, anche in occasione della finale. La finale era un evento fondamentale e forse gli stessi calciatori ci tenevano ad avere la massa, era una partita difficilissima, quindi più il tifo era numeroso più era favorevole al morale e al risultato", conclude il legale che ribadisce l'assenza di qualsiasi pressione o minaccia.

Pm: "Nell'Inter situazioni tossiche, non basta rimuovere i vertici"

Ma il ritratto che la procura di Milano fa dell'Inter nell'inchiesta che ha portato ad azzerare le due curve milanesi per sospette infiltrazioni criminali è quello di una società che "cede alle pressioni" della curva e che deve rivedere la sua struttura organizzativa per eliminare "situazioni tossiche". Nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dai pm Sara Ombra e Paolo Storari, si sottolinea come il club "cede alle pressioni" del capo ultrà Marco Ferdico che chiede sempre più biglietti per la curva Nord, e come dietro di lui ci sono Andrea Beretta e Antonio Bellocco, "cioè un delinquente comune da anni dedito a commettere atti di violenza all’interno dello stadio" il primo, ed "esponente di rilievo della famiglia mafiosa" di Rosarno l'altro. I tre, arrestati, devono rispondere anche di associazione per delinquere con l'aggravante mafiosa.

La procura parla di "problema" per l'Inter soprattutto sotto il profilo organizzativo e della necessità di "rimuovere quelle 'situazioni tossiche' che hanno creato l'humus favorevole perché un ambito imprenditoriale sportivo si trasformasse, in fin dei conti, in occasione di illecito" si legge nel provvedimento di richiesta degli arresti. Per la procura non è ragionevole pensare che il problema possa essere risolto "solo rimuovendo le figure apicali o semi apicali" senza nulla mutare del sistema organizzativo: "inalterata l'organizzazione, 'i nuovi venuti' si troverebbero nelle medesime condizioni (tossiche) dei loro predecessori e il sistema illecito sarebbe destinato a perpetuarsi".

Dall'attività investigativa emerge che nella società nerazzurra "vi è una sorta di cultura di impresa, cioè un insieme di regole, un modo di gestire e di condurre l'azienda, un contesto ambientale intessuto di convenzioni anche tacite, radicate all'interno della struttura della persona giuridica, che hanno di fatto favorito, colposamente, i soggetti indagati per gravi reati che sono stati in grado di infiltrarsi nelle maglie della struttura societaria".

"Irregolarità accettate e promosse"

Nell'Inter si è determinato, a dire della procura di Milano, una sorta di 'disaccoppiamento' che vede accanto alla struttura formale e ligia alle regole, un'altra "informale", volta a seguire il risultato. "La costante e sistematica violazione delle regole genera la normalizzazione della devianza, in un contesto dove le irregolarità e le pratiche illecite vengono accettate e in qualche modo promosse, in quanto considerate normali: emblematiche in questo senso la gestione dei biglietti (il cui ricavato va a favore di autori di gravi reati) e il controllo degli ingressi allo stato, gravemente carente e fonte di ulteriori guadagni (nonché foriero di pericoli non certo irrilevanti)" scrivono i pm Ombra e Storari.

Inoltre, la procura ricorda come lo scorso 15 marzo sono stati sentiti dalla Commissione comunale antimafia del Comune di Milano l’avvocato Adriano Raffaelli (presidente dell’Organismo di vigilanza e garanzia di FC Internazionale) e Gianluca Cameruccio (senior security manager del club di Serie A). Il contenuto delle dichiarazioni dei due "esponenti apicali" della società sportiva "attesta ancora una volta la totale sottovalutazione del fenomeno qui investigato - concludono i pm - e il completo scollamento dalla realtà dello stadio, non senza considerare alcune omissioni in mala fede".

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