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Emoglobinuria parossistica notturna, verso controllo migliore patologia

Un incontro per conoscere la patologia e le soluzioni terapeutiche disponibili

Emoglobinuria parossistica notturna, verso controllo migliore patologia
17 dicembre 2024 | 18.22
LETTURA: 4 minuti

L’Emoglobinuria Parossistica Notturna (Epn) è una patologia rara, debilitante e complessa, spesso poco conosciuta ma capace di impattare profondamente sulla qualità della vita. Per accendere i riflettori su questa condizione, Novartis ha organizzato, a Milano, un media tutorial che ha riunito esperti e rappresentanti dei pazienti, favorendo un dialogo arricchito da approfondimenti scientifici e testimonianze dirette. L’Epn è una malattia del sangue rara, cronica e grave caratterizzata da una mutazione acquisita nelle cellule staminali ematopoietiche, che produce globuli rossi privi di proteine protettive, rendendoli vulnerabili alla distruzione prematura da parte del sistema del complemento. Questo processo porta all'emolisi intravascolare e all'emolisi extravascolare, che causano trombosi, anemia, fatigue e altri sintomi. Si stima che nel mondo circa 10-20 persone su un milione siano affette da Epn; in Italia si contano circa mille pazienti con diagnosi. La patologia può svilupparsi a qualsiasi età, ma viene spesso diagnosticata in persone giovani, di età compresa tra i 30 e i 40 anni.

“La Epn è una patologia rara e subdola, spesso diagnosticata con anni di ritardo – ha spiegato Anna Paola Iori, policlinico Umberto I di Roma – È caratterizzata da sintomi complessi, come anemia e fatigue persistente, che ne fanno una condizione con un impatto significativo sulla qualità della vita”. Ha aggiunto Bruno Fattizzo, policlinico: “Il sistema del complemento è centrale nella patogenesi dell’Epn e nel processo emolitico che distrugge i globuli rossi ‘fragili’. Capire queste dinamiche è essenziale per sviluppare terapie sempre più mirate”. Nonostante la gestione della Epn sia drasticamente cambiata negli ultimi 15 anni, diversi sono i bisogni clinici non ancora soddisfatti. “Gli inibitori del C5 (C5i) - ha chiarito Fattizzo - che intervengono nelle ultime fasi dell’attivazione del complemento e inibiscono la proteina C5 sono diventati il trattamento standard per l'Epn emolitica. Hanno portato al controllo della emolisi intravascolare (Ivh), ridotto il rischio tromboembolico e migliorato la sopravvivenza a lungo termine. Molti pazienti continuano tuttavia a presentare anemia nonostante la terapia con i C5i, principalmente a causa dell’attivazione di una via alternativa del complemento che comporta la distruzione dei globuli rossi a livello extravascolare”.

Fino al 50% dei pazienti in terapia con i C5i può presentare un'anemia persistente, di cui il 23-39% rimane dipendente da trasfusioni di sangue e la maggior parte (75-89%) dei questi pazienti continua a manifestare fatigue costante. “I livelli di emoglobina che sono costantemente inferiori a 12 g/dL - ha illustrato la dottoressa Iori -potrebbero infatti indicare che l’Epn non è ben controllata e i sintomi associati all'emolisi, come la fatigue costante, possono continuare a manifestarsi. Sicuramente un impatto negativo importante è dato anche dalla dipendenza che il paziente ha ancora dall'ospedale a causa dei metodi di somministrazione del farmaco”.

Il presidente dell’ Associazione malattie rare ematologiche (Amare) Angelo Lupi, ha sottolineato l’impatto dei segni/sintomi della patologia con un focus particolare sulla qualità della vita: “Molti pazienti continuano a convivere con sintomi debilitanti, come fatica nello svolgere attività quotidiane e lavorative spesso accompagnate da anemia persistente, che influenzano profondamente la loro qualità di vita. Per molti aspetti, questo si traduce in una continua dipendenza dalle trasfusioni di sangue e da controlli frequenti. Voglio sottolineare la necessita e l’importanza di contribuire ad un dibattito sulla cura dei pazienti con Epn e la necessità di un cambio di paradigma, ponendo al centro il paziente e le strategie terapeutiche future”.

I bisogni clinici insoddisfatti hanno portato allo sviluppo di inibitori prossimali del complemento. Iptacopan di Novartis è un inibitore prossimale orale del fattore B della via alternativa del complemento ed è in grado, quando somministrato in monoterapia, di controllare sia l’Ivh che l’Evh come dimostrato dagli studi clinici Apply-Pnh (in pazienti con Epn e anemia residua nonostante la terapia con C5i) e Appoint-Pnh (pazienti con Epn non precedentemente trattati con C5i). I pazienti hanno raggiunto livelli medi di emoglobina vicini alla normalità, con molti pazienti che hanno superato i 12 g/dL in assenza di trasfusioni di globuli rossi. I dati hanno anche dimostrato un miglioramento della fatigue, misurata con i punteggi del Functional Assessment of Chronic Illness Therapy - Fatigue (Facit-F).

Lo scorso mese di maggio, iptacopan ha ricevuto l’approvazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) come prima monoterapia orale per il trattamento dei pazienti adulti con Epn che presentano anemia emolitica. Con l’arrivo di nuove opzioni terapeutiche, sarà cruciale prendere in considerazione come obiettivi terapeutici anche la risoluzione dell’anemia, il miglioramento della qualità della vita nonché le caratteristiche individuali dei pazienti al fine di elaborare un piano di trattamento efficace ed individualizzato per la gestione della Epn. “Il nostro obiettivo è chiaro - ha concluso Paola Coco, Chief Scientific Officer & Medical Affairs Head di Novartis Italia - offrire ai pazienti con malattie del sangue una vita lunga e libera dai sintomi. Nonostante i significativi progressi raggiunti, siamo consapevoli che i pazienti affetti da emoglobinuria parossistica notturna convivono ancora con importanti bisogni insoddisfatti. Ci auguriamo di poter fare la differenza e di aiutare queste persone a riprendere in mano la propria vita, tornando il più possibile alla normalità”.

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