Il giornalista di Report punta il dito contro le querele temerarie: "Hanno preso il posto delle pallottole". A Roma il presidio del M5S per la libertà di stampa
"Quello che successo a me credo che sia un atto dimostrativo, non so ancora bene finalizzato a cosa, e questo è l'aspetto che mi preoccupa di più". Così il giornalista Sigfrido Ranucci intervenendo in collegamento al Parlamento europeo al seminario 'Il silenziamento delle voci dei giornalisti intorno al mondo' dopo l'attentato subito.
Ma se il messaggio della bomba piazzata sotto la sua auto aveva l'obiettivo di fermare l'attività di Report, la trasmissione di giornalismo d'inchiesta che conduce, "sicuramente ha ottenuto l'effetto opposto", afferma Ranucci.
"Sicuramente" si è trattato di un attacco "a quello che siamo e quello che raccontiamo", sottolinea il giornalista, ricordando di non produrre personalmente giornalismo d'inchiesta "da anni", ossia da quando dirige la trasmissione, ma riconoscendo di essere il "volto" del lavoro compiuto dalla sua "squadra straordinaria". In questi termini si è trattato di un attacco "alla nostra indipendenza, al nostro coraggio, alla capacità di andare a toccare qualsiasi centro di potere capitato sotto al nostro sguardo", svolgendo pienamente il ruolo di "cani da guardia della democrazia", aggiunge.
Il giornalista sottolinea come l'attentato contro la sua vita sia giunto dopo solo tre o quattro anni di attività inerente e rappresenta un "salto di livello" rispetto alle azioni di dossieraggio, di diffamazione, di intimidazioni cui è soggetto da anni.
Ranucci spiga quindi che l'Italia "più di altri è un Paese malato e abituato convivere con la sua patologia come se fosse normalità". Il giornalista racconta di aver dovuto affrontare diciannove provvedimenti giudiziari a causa di un politico oggetto delle sue inchieste, solo per vedere quest'ultimo, rinviato a giudizio per le modalità con cui aveva provato a impedire l'attività giornalistica, cambiare partito ed essere eletto in Ue. L'episodio "è testimonianza di quanto sia fragile la nostra democrazia", riassume Ranucci. "Le querele temerarie hanno preso il posto delle pallottole", spiega.
Intanto in appoggio a Ranucci oggi a Roma si è svolto un presidio convocato dal Movimento 5 stelle a favore della libertà di stampa dopo l'attentato al giornalista a cui hanno aderito trasversalmente politici - con delegazioni di Pd, Avs, +Europa e Fratelli d'Italia - giornalisti e associazioni.
"Questa è la piazza della stampa libera", ha detto Giuseppe a Conte parlando dal palco in piazza Santi Apostoli. “Per una stampa libera ci vuole una politica responsabile, e le istituzioni devono fare in modo di svolgere il loro lavoro - aggiunge Conte -. Il partito della presidente del Consiglio per esempio dovrebbe ritirare la querela contro Sigfrido Ranucci, e così dovrebbero farlo i ministri”. “Una politica responsabile non può sventolare carote o offrire gogne. Una politica responsabile deve adeguare la nostra disciplina al regolamento europeo, con una riforma della Rai. Una politica responsabile deve consentire alla Vigilanza Rai di operare”, conclude Conte.
Al leader pentastellato ha risposto Giovanni Donzelli, deputato e responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, parlando a margine del presidio: “Abbiamo iniziato a fare politica mentre i collettivi di sinistra nelle scuole e nelle università cercavano in tutti i modi di impedirci di parlare nelle assemblee o occupavano le aule per impedirci di svolgere le iniziative. Saremo sempre in difesa della libertà di espressione”.
Ritirerete le querele? “Quando ero consigliere comunale - risponde - ho ricevuto decine di querele, tutte archiviate, fatte per minacciarmi e per impedirmi di fare il mio dovere di opposizione. Sono pienamente d’accordo che se qualcuno fa querele temerarie fatte apposta per limitare la libertà, e la legge attuale lo consente, deve pagarne le conseguenze”. C’è da migliorare la legge attuale? “Parliamone con serenità. Certamente questo non può voler dire che chiunque, giornalista o politico possa dire chiaramente delle falsità, consapevole che sono falsità, per danneggiare un altro”, conclude Donzelli.
A margine del presidio anche la leader Pd Elly Schlein interviene per chiarire di non aver "mai detto che la bomba l’avesse messa il governo Meloni o che fossero i mandanti. Sui mandanti sta lavorando la magistratura, un lavoro che noi supportiamo e che seguiremo con grande attenzione”.
“Noi - chiarisce la segretaria Dem - non siamo mica come loro che ci hanno accusato di essere i mandanti di omicidi fatti dall’altra parte dell’oceano e che abbiamo condannato come tutti”, aggiunge. Sono loro che “però non dicono una parola quando vengono arrestati in Italia per un omicidio di un autista tre ultras dell’estrema destra. Io ho affermato un fatto: dove l’estrema destra governa indebolisce la democrazia e la libertà di stampa. O non abbiamo visto i giornalisti uscire in fila dal pentagono l’altro giorno negli Stati Uniti. Ma anche qui non facciamo finta: bene la solidarietà, ma non basta la solidarietà: servono fatti concreti. In questi anni il giornalismo di inchiesta è stato ridimensionato nella Tv pubblica e sono state fatte moltissime querele temerarie”.
“Allora, a parte la solidarietà, vogliono fare un atto concreto? Ritirino un po’ di quelle querele temerarie e approvino il nostro emendamento con cui chiediamo il recepimento della direttiva europea che a tutela dei giornalisti indipendenti e di inchiesta chiede proprio di evitare il meccanismo delle querele temerarie. Fatti concreti!”, conclude Schlein.