"L'Italia deve migliorare propria attrattività promuovendo ricerca e tutela brevetti" ha evidenziato Fabrizio Greco, presidente Iapg
Gli investimenti del pharma in Ricerca & Sviluppo nel mondo sono in costante aumento, con una crescita del 25% tra 2020-2026. L'Italia, che ricopre una leadership con Francia e Germania nel campo della produzione farmaceutica, può concorrere ad attrarre una quota importante di questi investimenti in R&S, incrementando gli 1,62 miliardi di euro investiti nel 2020, che già rappresentano ben il 13% del totale dell'industria manifatturiera italiana. Gli investimenti nel pharma generano importanti ricadute: infatti il rapporto tra risorse investite dalle aziende e valore economico totale generato è di 1 a 3.
Sono questi alcuni dei dati emersi oggi in occasione del secondo incontro organizzato da The European House - Ambrosetti, con il sostegno dell'Italian American Pharmaceutical Group (Iapg) e del Gruppo europeo e nipponico di Farmindustria (EUNIpharma). Titolo del digital event 'L'innovazione in sanità come volano della ripresa economica e sociale del Paese'.
"Ogni giorno - ha evidenziato Fabrizio Greco, presidente Iapg - siamo chiamati a competere con i nostri omologhi di altri Paesi per attrarre nuovi investimenti in Italia. Tra il 2020 e il 2026 il settore farmaceutico ha investito e investirà circa 1.500 miliardi di dollari in R&S. L'Italia può e deve partecipare a questa competizione, migliorando la propria attrattività e promuovendo la ricerca e la tutela brevettuale. Occorre creare un terreno fertile per l'innovazione e le aziende multinazionali rappresentano un attore fondamentale di un sistema guidato dall'innovazione sia in ambito di ricerca che di produzione".
Durante l'incontro si è discusso di come promuovere l'innovazione e di quali politiche economiche, industriali e sanitarie possono aumentare l'attrattività del nostro Paese per gli investimenti esteri nel settore farmaceutico.
Per Greco "l'esperienza del Covid-19 ci dimostra che la disponibilità di più farmaci e vaccini consente di scegliere le terapie più adatte e più sicure per ogni paziente. Il concetto di 'one size fits all' è lontano dai bisogni delle persone e ci allontana dalla possibilità di ricercare e sviluppare nuove opportunità terapeutiche che saranno sempre più personalizzate. In quest'ottica la normativa sull'equivalenza terapeutica è in contrasto con questa evoluzione e necessita di un ripensamento".
Noi oggi "ci troviamo in una situazione assolutamente sbilanciata - ha segnalato Greco - Siamo di fronte ad un sottofinanziamento cronico che, dal 2013, ammonta a circa 1,8 miliardi di euro in media all'anno. Questo comporta una mancanza di risorse importante che ha richiesto il ricorso a strumenti atti a recuperarle. Utilizzare però uno strumento in maniera forzata e inappropriata comporta degli effetti collaterali. L'effetto collaterale per l'equivalenza terapeutica è quello di far venire meno una serie di soluzioni terapeutiche per pazienti, operatori sanitari e opinione pubblica, ma anche limitare lo sviluppo delle idee. Se pensiamo al contesto Covid che stiamo vivendo, non è difficile immaginare che probabilmente non avremmo avuto 4 vaccini anti Covid-19, ma avremmo visto solo il vaccino che costava meno. Inoltre, non avremmo potuto capire che ce n'erano altri né quali fossero le differenze tra gli stessi. Non possiamo immaginare di portare innovazione per decreto. L'innovazione si sviluppa in un contesto libero dove le idee sono fluide e vengono migliorate, per questo servono risorse".