Il premier: "Tutti sanno che io l'ho bloccato per decenni, risponderemo in Parlamento alle pressioni internazionali". Raid sul sud del Libano: "Colpiti depositi di armi di Hezbollah". Bozza risoluzione Usa a Onu: "Cessate il fuoco a Gaza non appena possibile"
"Con o senza un accordo definitivo, Israele manterrà il pieno controllo della sicurezza su tutta l'area a ovest del (fiume) Giordano". Lo ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu in dichiarazioni rilanciate dal Jerusalem Post. "Questo - ha rimarcato - include Giudea e Samaria (la Cisgiordania) e la Striscia di Gaza".
Tutti sanno che sono io quello che per decenni ha bloccato la creazione di uno Stato palestinese che metterebbe in pericolo la nostra esistenza", ha quindi dichiarato il primo ministro israeliano annunciando che stasera presenterà alla Knesset un testo sulla linea di quello approvato ieri all'unanimità dal governo in cui si respingono "categoricamente i diktat internazionali" che cercano di promuovere lo Stato palestinese.
Secondo quanto riportano i media locali, Netanyahu ha affermato che negli ultimi giorni Israele sta affrontando nuove pressioni, in particolare "un tentativo di imporci la creazione unilaterale di uno Stato palestinese". Il primo ministro si è detto certo che il testo riceverà ampio sostegno dalla Knesset e "mostrerà al mondo che c'è un ampio consenso in Israele contro gli sforzi internazionali per imporci uno Stato palestinese".
Intanto oggi bombardamenti israeliani hanno colpito la zona di Ghaziyeh, in Libano, a circa cinque chilometri a sud di Sidone. Lo riferiscono i media del Paese dei Cedri. Alcune fonti parlano di almeno otto feriti. La zona di Ghaziyeh si trova a circa 30 chilometri a nord del confine tra il sud del Libano e Israele.
Secondo le ultime notizie sarebbero stati almeno due i raid di caccia israeliani che hanno colpito la zona industriale di Ghaziyeh. Le forze israeliane (Idf) hanno intanto confermato di aver colpito "depositi di armi di Hezbollah nei pressi di Sidone".
Per quanto riguarda l'operazione militare su Rafah il ministro del gabinetto di guerra di Israele, Benny Gantz, ha detto che andrà avanti come previsto a meno che non saranno rilasciati gli ostaggi israeliani ancora nella Striscia di Gaza entro l'inizio del Ramadan, il mese sacro all'Islam, che inizierà il 10 marzo. "Se entro il Ramadan i nostri ostaggi non saranno a casa, i combattimenti continueranno nell'area di Rafah", ha detto Gantz indicando, per la prima volta, una tempistica di un'operazione nella città del sud della Striscia di Gaza.
Gli Stati Uniti hanno proposto una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell'Onu in cui si sottolinea il "sostegno dell'organismo ad un cessate il fuoco temporaneo a Gaza non appena possibile". Il testo, riporta Sky News, evidenzia inoltre che una grande offensiva di terra a Rafah, come quella annunciata da Israele, comporterebbe "ulteriori danni ai civili e il loro ulteriore sfollamento, potenzialmente anche nei Paesi vicini". Tale mossa, prosegue la bozza di risoluzione, "avrebbe gravi implicazioni per la pace e la sicurezza regionale" e non dovrebbe avere luogo "nelle circostanze attuali". Washington ha elaborato il testo dopo che l'Algeria ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di votare domani una bozza di risoluzione che chiede un cessate il fuoco umanitario immediato tra Israele e Hamas. Non è chiaro se il documento statunitense sarà messo ai voti.
Su 27 Paesi membri dell'Ue, "ventisei" sono d'accordo su una dichiarazione che, tra l'altro, chiede una "immediata pausa umanitaria" nella guerra in corso nella Striscia di Gaza, che porti ad un "cessate il fuoco sostenibile", ha detto l'Alto Rappresentante dell'Ue Josep Borrell, in conferenza stampa a Bruxelles.
Intanto Hamas ha respinto quella che ha definito una "decisione criminale'' da parte di Israele di ''limitare l'accesso dei palestinesi nella moschea di Al-Aqsa durante il Ramadan''. La chiusura della Spianata delle Moschee ai palestinesi promuove, sostiene Hamas in un comunicato, ''la criminalità sionista e la guerra religiosa condotta dal gruppo di coloni estremisti del governo di occupazione terroristico contro il nostro popolo palestinese e la violazione della libertà di culto nella benedetta Al-Aqsa Moschea''.
Per questo, Hamas chiede ''al nostro popolo palestinese nei Territori occupati, ad Al-Quds (Gerusalemme, ndr) e nella Cisgiordania occupata, di respingere questa decisione criminale, di resistere all'arroganza dell'occupazione'' e di ''mobilitarsi, recarsi e stazionare nella benedetta Moschea di Al-Aqsa''.
Inoltre Hamas avverte Israele che ''qualsiasi danno alla Moschea di Al-Aqsa o alla libertà di culto in essa contenuta non passerà senza conseguenze'' e annuncia una ''benedetta intifada ed esplosione di fronte all’ingiustizia, all’arroganza e all’aggressione''.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto di aver preso una ''decisione equilibrata'' rispetto all'accesso dei fedeli palestinesi alla moschea di Al-Aqsa durante il mese sacro di Ramadan. Come spiega il suo ufficio, Netanyahu ha deciso che sarà ''consentita la libertà di culto nei limiti delle esigenze di sicurezza''.
Non sono stati forniti dettagli sui limiti considerati. Israele spesso stabilisce dei limiti entro i quali i fedeli possono raggiungere la moschea di Al-Aqsa, come ad esempio l'età. L'obiettivo dichiarato dalle autorità è quello di evitare che scoppino episodi di violenza nella moschea, che fa parte di un complesso sacro anche per gli ebrei.
Nelle ultime 24 ore nella Striscia di Gaza sono 107 i palestinesi che hanno perso la vita e 145 quelli rimasti feriti a causa dei raid aerei israeliani. E' quanto si legge nell'ultimo bollettino del ministero della Sanità di Gaza City. Sale così a 29.092 il numero dei palestinesi uccisi e a 69.028 quelli rimasti feriti da quando, lo scorso 7 ottobre, è iniziata la rappresaglia israeliana per l'attacco subito da parte di Hamas.
Gli ultimi attacchi israeliani hanno anche causato la morte di 16 persone nella città di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, mentre altri cinque palestinesi sono stati uccisi nel nord dell'enclave palestinese.