Il rischio rilevato nella relazione della DIA è quello che la criminalità organizzata tenti di infiltrarsi nella macchina burocratica chiamata a gestire i fondi del PNRR
Brindisi, 29 settembre 2023. Il quadro emerso dall’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia (Dia) sottolinea come oggi le mafie preferiscano “rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità di ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività illecite”.
Il rischio rilevato nella relazione della Dia è quindi quello che la criminalità organizzata tenti di infiltrarsi nella macchina burocratica chiamata a gestire "gli stanziamenti miliardari previsti tra il 2021 e il 2026 per la realizzazione degli obiettivi del PNRR e le ingenti risorse che affluiranno a Roma in vista del Giubileo".
In tale contesto è evidente che la semplificazione intesa come “via libera a tutti” non paghi e, anzi, accresce il rischio di infiltrazioni e/o truffe.
Se è vero che “sbagliando si impara”, è necessario fare tesoro dell’esperienza maturata con la triste vicenda legata alle truffe sui bonus edilizi.
Aver consentito a chiunque avesse la partita iva, anche improvvisata (e ricordiamoci che l’Italia è spesso denominata il Paese delle partite iva, sovente anche false), di entrare nel “business” dei bonus edilizi è stato un gravissimo errore perché da un lato ha generato una situazione impossibile da monitorare e dall’altro ha reso incontrollabile e quindi insostenibile il pur nobile intervento finanziario dello Stato, a sostegno del settore.
Per prevenire un analogo scenario, quindi, sarebbe necessario attuare una sorta di selezione a monte nell’individuazione delle imprese di costruzione che realizzeranno le opere beneficiarie di finanziamenti pubblici, adottando criteri specifici quali, per esempio: l’attestazione SOA, le certificazioni, la storicità, le competenze, dotazione di personale, rating di legalità, e prevedendo una serie di controlli serrati per quanto riguarda il contrasto ad eventuali infiltrazioni mafiose, così come già avviene per le aziende che operano nel settore dei lavori pubblici.
Per le opere pubbliche il controllo dei costruttori ed anche dei subappaltatori, infatti, è già previsto ed avviene in maniera abbastanza rigida. È notorio che per eseguire un’ opera pubblica serva la patente ossia l’attestato SOA che viene rilasciato da organismi di attestazione vigilati dall’ANAC che verificano a monte l’affidabilità aziendale e le categorie (tipologia lavori) con relative classifiche (importo lavori) che l’azienda è in grado di svolgere.
Inoltre le stazioni appaltanti effettuano controlli accurati nella fase di gara, per la stipula del contratto e durante l’esecuzione dello stesso; medesima attenzione e controllo avviene nella concessione dell’autorizzazione ai subappalti, che devono essere qualificanti. A tutto ciò si aggiunge la trasparenza e la pubblicità tanto nella fase di gara che poi relativamente all’assegnazione dei lavori.
Gli strumenti di contrasto alle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici sono molteplici: white list prefettizie, documentazione antimafia, protocolli di legalità come quello, per esempio, sottoscritto da ANCE e Ministero dell’Interno.
L’utilizzo di imprese di costruzione che possano dimostrare di essere “affidabili” e che, al contempo, siano attestate SOA fornisce garanzie in termini di credibilità, professionalità e trasparenza e riduce al minimo il rischio di imbattersi in “prenditori” seriali, molto abili a costruire meccanismi, come ad esempio il ricorso alle cosiddette “scatole cinesi”, per fare business in modo poco limpido; tutto questo a danno del tessuto imprenditoriale sano e dell’intero sistema Paese.
Questo non deve significare appesantire le procedure – lasciando la possibilità di ricorrere, nella scelta del contraente, all’affidamento diretto – ma solo blindarle in una cornice di competenze, trasparenza e legalità.
È evidente che le imprese costruttrici che operano nel settore delle opere pubbliche sono giustamente sottoposte ad una vera e propria scansione ai raggi X, purtroppo tutto questo non avviene per i costruttori che operano nel settore privato (scandali bonus edilizi e 488 docet).
Spesso basta aprire una partita iva o aggiungere un codice Ateco (compreso tra 41 e 43) in Camera di Commercio per diventare impresa di costruzione al fine di operare nel settore privato e quindi poter eseguire anche la costruzione di opere per aziende private che usufruiscono di cospicue somme di finanziamento da parte dello Stato.
È urgente un modello di selezione come quello adottato per i lavori pubblici - ossia l’ attestazione SOA con categorie e classifiche corrispondenti alla tipologia di lavori da eseguire - per i soggetti appaltanti privati che utilizzano fondi pubblici, con la dovuta trasparenza e pubblicità.
E’ inutile evidenziare che le scatole vuote e/o nate all’occorrenza distorcono il mercato e danneggiano le imprese serie e strutturate e, di conseguenza, il sistema Paese.
Riteniamo, pertanto, doveroso rivolgere un appello al Governo affinché si adoperi per una decretazione urgente in tal senso che assimili le procedure di assegnazione per chi usufruisce di “soldi pubblici” a quelle dei lavori pubblici, prima che “i buoi scappino” - così come è tristemente accaduto per i bonus edilizi - per poi magari, tra qualche mese/anno, dover spendere ulteriori somme per stanare chi ha truffato e magari nel contempo ha fatto sparire i soldi.
Sarebbe poi davvero il caso di dire: oltre al danno la beffa!
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