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A Milano apre il 'baby Museo' per visitatori dai 3 ai 6 anni

Nel polo nazionale Leonardo da Vinci debutta Playlab, area di 400 metri quadrati per stimolare curiosità e gioco creativo

Uno degli ambienti di Playlab (Foto Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci)
Uno degli ambienti di Playlab (Foto Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci)
28 novembre 2024 | 14.31
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Una stanza fatta di sagome che ricordano alberi con chiome di foglie in equilibrio e nidi giganti, canti di uccelli, rumori e fruscii del bosco. E poi triangoli, cerchi e forme di gommapiuma per inventare il proprio mondo colorato, infine 'foreste' di luce, animali fantastici, teatri d'ombre, gli oggetti e le loro storie, dai caschi degli astronauti alle cassette degli attrezzi. A Milano apre un 'baby museo' dentro il Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci. Si chiama 'Playlab', è dedicato a visitatori dai 3 ai 6 anni e vuole essere "il primo museo della loro vita". Con un obiettivo ambizioso: "Costruire un rapporto positivo con la scienza fin dalla più giovane età", riassume Maria Xanthoudaki, direttrice Education del museo.

La nuova area pensata per l'infanzia, uno spazio educativo permanente di 400 mq, apre al pubblico da sabato 30 novembre. Il progetto è stato presentato oggi nel capoluogo lombardo. "Un invito aperto al gioco creativo", "un viaggio nell'immaginazione", così viene descritto questo spazio nel quale è stata 'condensata' tutta l'esperienza in programmi e spazi educativi che il museo di via San Vittore ha sviluppato e offerto alle scuole e alle famiglie dagli anni Novanta. Realizzato grazie al contributo di PPG, multinazionale che opera nel settore dei rivestimenti, vernici e materiali speciali, Playlab "rappresenta un nuovo interessante capitolo della storia del Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia", commenta il sindaco di Milano Giuseppe Sala. "Aprire uno spazio dedicato ai più piccoli, per stimolare in loro curiosità rispetto al mondo in cui vivono e per permettere loro di esplorarlo e conoscerlo nelle modalità e con gli strumenti adeguati alle loro età e capacità, è una scelta lungimirante che renderà il museo ancora più apprezzato da bambine e bambini e dalle famiglie", aggiunge.

Com'è strutturata questa ala per il pubblico in miniatura? Ogni ambiente ed esperienza, spiega chi l'ha sviluppato, sono studiati per mettere i piccoli al centro del processo di apprendimento, invitandoli a scoprire quanto sta intorno a loro attraverso l'osservazione, l'interazione, l'esplorazione e il racconto come azioni fondamentali per lo sviluppo del pensiero scientifico, sociale ed emotivo. Trasformare ed esplorare sono i due temi che hanno orientato l'ideazione dello spazio e l’interpretazione dei contenuti Stem (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) in modo trasversale. L'obiettivo, assicurano i promotori, è creare un ambiente adatto a costruire un atteggiamento attivo e curioso verso il mondo.

Playlab è organizzato in 5 'stanze' e propone 2 diverse modalità di fruizione. Quattro stanze sono caratterizzate da installazioni artistiche e attività di esplorazione, costruzione e storytelling, dove i bambini e le bambine insieme ai loro adulti accompagnatori possono muoversi in modo libero. L'ultima sala - l'Atelier - è dedicata a percorsi strutturati, seguendo la tradizione dei laboratori interattivi del museo, e invita ad approfondire, sperimentare, condividere idee e riflettere sulle proprie esperienze. In tutti questi spazi si combinano linguaggi e strumenti di esplorazione e scoperta molto diversi fra loro. Ogni stanza ha una sua caratteristica e nasce dal dialogo e dalla progettazione condivisa tra lo staff educativo e altre figure, interne al museo (designer, curatori e conservatori) ed esterne (artisti, insegnanti e pedagogisti).

Nella stanza a tema alberi, il tatto e l'ascolto fanno da guida per la scoperta degli stimoli. La stanza accoglie Where We Find Ourselves, un'installazione che nasce dalla collaborazione con Andrew Amondson, artista e film-maker statunitense che vive a Berlino; e i 'Nidi' di Andrea Salvetti, insieme sculture e oggetti di design, creati dalla volontà di conoscere, maneggiare e interpretare le proprietà dei materiali dando vita a cose nuove che uniscono le discipline. La seconda stanza - grande spazio popolato da strutture semplici tutto da inventare - accoglie Le Beau Chantier, un’installazione site-specific che nasce dalla collaborazione con due scultori, performer e coreografi francesi, Yvan Clédat e Coco Petitpierre.

La terza stanza propone tante attività che cambiano in base alla programmazione: si disegna con fasci di luce e materiali trasparenti, si esplorano i riflessi per riempire di animali un immaginifico bosco digitale, si gioca con il corpo e gli oggetti di scena come sul palco di un grande teatro d'ombre trasformando la nostra sagoma in chimere e figure fantastiche. Lo spazio mette in dialogo l'analogico con il digitale grazie a un'installazione di arte digitale nata dalla collaborazione con il Collettivo auroraMeccanica. Ospita anche Luminis, creata dallo studio di progettazione MioCugino. Infine, la quarta è la stanza delle storie e degli oggetti, che aspira a creare connessioni con le collezioni del Museo attraverso lo storytelling e il gioco simbolico. Insieme, ci sono anche oggetti della vita quotidiana e l'opera d'arte LdV/P.90 creata da Tristan Blondeau. Adulti, bambine e bambini sono incoraggiati a osservare gli oggetti esposti da punti di vista insoliti, a conoscere le loro storie e quelle di chi ha scelto di collezionarli e, allo stesso tempo a creare una propria storia attraverso la quale cercare e costruire identità, senso e significato.

L'ultimo ambiente, l'Atelier, è uno spazio in cui si propone un programma di attività facilitate per il pubblico scolastico e per le famiglie dando modo ai baby visitatori di dedicare del tempo ad un lavoro più approfondito. La proposta educativa, progettata in modo da non orientare verso un'unica soluzione, consente lo sviluppo di percorsi personali, mettendo al centro dell'esperienza chi apprende. Parole, immagini, suoni, oggetti tecnologici e analogici sono stati scelti nel tentativo di "rompere degli schemi tradizionali e generare nuovi punti di vista" e modi di apprendimento aperti e inclusivi. "Playlab è, oggi, l'espressione della nostra più avanzata riflessione pedagogica e il risultato di una lunga ricerca in temi, approcci e linguaggi che vogliono valorizzare la natura complessa e meravigliosa dell'infanzia. Lo staff educativo ha lavorato per 3 anni in stretta collaborazione con lo staff della divisione creativa del museo, con artisti internazionali ed esperti per realizzare uno spazio educativo, un programma di attività e un'esperienza il più possibile speciali e accoglienti, contribuendo a far diventare i musei un luogo di appartenenza”, spiega Xanthoudaki.

"Negli ultimi venti anni l'impegno educativo definito dalla missione e la volontà di contribuire al benessere e alla coesione sociale nella società hanno portato il museo a rivolgersi e prendersi cura di una molteplicità di pubblici. Playlab completa e integra questo impegno nella convinzione che in una società complessa come quella in cui viviamo sia necessario costruire, fin dalla più piccola età, un rapporto sereno con scienza e tecnologia che ponga le basi per una cittadinanza attiva, creativa, consapevole e inclusiva", spiega Francesca Pasinelli, consigliera di amministrazione Museo Nazionale Scienza e Tecnologia. E' uno spazio che nasce "dal sogno di offrire una risorsa permanente e di qualità in risposta a un bisogno crescente, a cui si aggiunge la collaborazione con professionisti e realtà qualificate nazionali e internazionali", dice Fiorenzo Marco Galli, direttore generale del museo.

Qui, conclude, "le famiglie troveranno una risorsa educativa per l'orientamento di bambine e bambini tra i 3 e i 6 anni che potranno giocare, inventare, immaginare e raccontare assieme ai loro adulti di riferimento. Per il museo Playlab è un progetto di dimensione fisica ed economica superiore alla media, segno di un una crescita dell'istituzione in termini di capacità e di ambizione". Fondazione Rocca e Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro hanno finanziato un primo studio di benchmarking che ha consentito di avviare i lavori progettuali e l'impegnativa campagna di fundraising per l'attuazione. L'installazione Where We Find Ourselves è realizzata nell'ambito del progetto 'Un piano per l'accessibilità sensoriale al Museo' sostenuto da Fondazione Cariplo.

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