
Mimosa Martini 'traduttrice' della sua biografia è al lavoro su un testo teatrale tratto dalle sue 'Memorie'
Una Venere nera dalla pelle ambrata, che ha stregato negli anni '20 il mondo intero. Danzatrice, cantante, attrice, 'resistente' durante la II Guerra Mondiale e Medaglia d'oro, madre di 12 figli adottati in vari Paesi del globo, la sua tribu de l'Arc en ciel, la prima donna di colore ad essere sepolta nel Pantheon dei personaggi che hanno dato lustro alla Francia. Il 12 aprile ricorrono i 50 anni dalla scomparsa di Joséphine Baker, nata a Saint Louis nel Missuri il 3 giugno 1906 e morta a Parigi il 12 aprile 1975. Un'esistenza scandita da povertà e umiliazioni, ma anche dal desiderio di affrancarsi dalla vita. Fugge a 15 anni con un complesso di danzatori e musicisti jazz, approda a Parigi al Théatre des Champs-Elysées nella Revue nègre.
La giovanissima Joséphine entra in scena quasi nuda, avvolta in una gonnellino di banane, si esibisce in charleston indiavolati. Il pubblico parigino è sedotto da questa fanciulla misteriosa che parla malissimo il francese, sensualissima, a tratti erotica, che negli anni si trasforma in una regina della scena internazionale con i suoi segreti, i suoi scandali (amanti e compagni illustri, tra cui lo scrittore Georges Simenon e il celebre architetto Le Courbusier, e leopardi al guinzaglio con cui amava passeggiare per Parigi come la marchesa Luisa Casati), sempre di una generosità travolgente che la portò alla fine dei suoi giorni a chiedere ospitalità, con i suoi 12 figli alla principessa Grace di Monaco che generosamente l' accolse a Montecarlo, dopo una vita in cui non si era risparmiata per ringraziare il Paese che l'aveva accolta.
Diventò negli anni persino 'ambasciatrice', donna simbolo degli artisti cubisti e surrealisti innamorati da 'l'art nègre' ('J'ai deux amours, mon Pays et Paris', cantava Joséphine elettrizzando il pubblico), senza alcuna remora aveva deciso di entrare nel controspionaggio durante il secondo conflitto mondiale. "Devo tutto alla Francia. Sono pronta a dare la mia vita, potete disporre di me", con queste parole aveva risposto alle sollecitazioni di Jacques Abtey, ufficiale del controspionaggio francese.
La scrittrice e giornalista Mimosa Martini ha dedicato a Joséphine Baker la traduzione della sua biografia, 'Mémoires' scritto con Marcel Sauvage (pubblicato da Edt) e sogna di trasformarla in un testo teatrale. "Una biografia originale, scritta per essere portata in scena alla quale sto lavorando - ha anticipato all'Adnkronos - che svela anche aspetti della sua vita meno conosciuti legati anche alla lotta contro il razzismo, che aveva 'vissuto' sulla sua pelle. Joséphine mise a disposizione la sua persona sconfiggendo paure e timori, sottolineava più volte che aveva un debito di riconoscenza verso la Francia. Venne 'arruolata' come agente segreto e nella sua casa vicino la capitale francese nascose alcuni partigiani. Ma soprattutto Joséphine accetta di esibirsi in lunghe tournée con un ufficiale francese 'mascherato' da coreografo, scritturati in particolare in nord Africa, carpiva informazioni che scriveva su 'pizzini' che cuciva all'interno della biancheria intima e dopo aver passato le frontiere li consegnava ai corrieri dei servizi segreti, rischiando ogni giorno la vita".
"Una donna empatica, Joséphine Baker, con una infanzia dolorosa e drammatica- ha aggiunto Mimosa Martini- Lei stessa confesserà, 'perchè ho cominciato a danzare? Perchè avevo molto, molto freddo'. Tutta la sua vita lottò per i diritti delle donne e degli uomini di colore, per la libertà, l'uguglianza, contro il razzismo. Era anche una donna singolare nelle sue fantasie, nel suo folle amore per gli animali di cui era circondata non solo a casa, ma anche durante le tournée. Non solo leopardi, ma anche scimmie, papere, conigli e maialini, uno dei quali diventò così grasso che dovettero sfondare una porta della casa per farlo passare".
"E' sempre stata una donna combattiva e combattente fino alla fine dei suoi giorni. Anche malata si è esibita fino alla fine, aveva sperperato il suo ingente patrimonio e aveva sempre un disperato bisogno di soldi - ha proseguito nella lunga intervista Mimosa Martini - E la principessa Grace le venne incontro. Due donne agli antipodi, lei bianca, proveniente dalla ricca borghesia americana, lei nera e poverissima. Una grande amicizia nata forse dalla nostalgia del loro Paese gli Stati Uniti, dalla stesso desiderio di condividere un universo, quello dell'arte, del cinema, del teatro, che entrambe amavano, anche se la principessa Grace aveva dovuto lasciare la sua carriera di attrice".
Nella biografia di Joséphine Baker scrive nella prefazione al testo, uno dei suoi 12 figli, Jean-Claude Bouillon- Baker: "La sua vita inoculò tenerezza assoluta in coloro che le gravitavano intorno, astro magnetico e solare, sconcertante e così vicino, familiare e enigmatico. Figura esemplare di una tripla resilienza, donna, povera e nera, ci dice che dobbiamo amare la terra, gli uomini e le donne di qualunque latitudine per ciò che sono, intensamente. Degli esseri umani uguali tra loro".