Pa, Meritocrazia Italia: "Quanto ci costa incompetenza gestione beni e risorse pubbliche"

Pa, Meritocrazia Italia:
20 giugno 2025 | 12.29
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"In tempi di crisi economiche, riassetti geopolitici, guerre, sfide globali e trasformazioni sociali accelerate, ci troviamo spesso a fare i conti con un problema sistemico che, da solo, ha un peso enorme a tratti inestimabile: l'incompetenza al potere. Amicizie, scappatoie, scorciatoie, benefit post elezioni sono le anomalie di un Paese che stenta a crescere perché abdica a credere nei meriti e nelle competenze. Una strana società quella che abbiamo costruito in cui, tra prove invalsi, università prestigiose, college e best practices, chiediamo ai nostri figli di tendere sempre al massimo livello, salvo poi constatare che nella gestione del bene pubblico arriva chiunque, senza selezione, senza scrutinio e specializzazione". Così, in una nota, Meritocrazia Italia.

"Anzi, non accade di rado che i manager delle grandi aziende pubbliche vengano nominati sempre nello stesso cerchio, pur fallendo, alcune volte, in maniera plateale gli obiettivi prefissati. Alitalia su questo aspetto è l’esempio lampante di quanti soldi pubblici siano stati investiti senza risultati e prospettive. Allora Meritocrazia Italia si interroga sulla mancanza dei fondi nei servizi essenziali, nel settore sanitario, per le strutture pubbliche, strade, acquedotti, immissioni, case popolari, ponti, che si traduce, in realtà, in un corretto utilizzo delle risorse a disposizione. Ebbene, quanto incide l’incompetenza nella gestione della cosa pubblica per lo Stato?", chiedono.

"Una società che smette di pretendere qualità da chi la governa genera un effetto a catena che porta al calo della fiducia nelle istituzioni e a cittadini sempre più disillusi, che si allontanano dalla partecipazione politica. Populismo e demagogia aprono la strada a chi semplifica i problemi e punta all’aumento della visibilità più che all’assunzione di responsabilità. L'incompetenza non arriva da sola. È spesso il frutto di un sistema di selezione della classe dirigente inefficace, dell’espansione della politica del consenso più che dei contenuti, dove i 'like' primeggiano sulle competenze. È un sistema che diffonde e normalizza logiche clientelari - si legge nella nota - che esclude la meritocrazia e la primazia dell’impegno. E allora viene da chiedersi quanto ci costa davvero l’incompetenza al potere. Non solo in termini economici, ma anche culturali, sociali e morali. I dati sono davvero impietosi e attingono a ogni comparto della nostra esistenza, traducendosi in un danno non solo per lo Stato ma per ogni cittadino, destinatario di meno servizi, più tasse, meno opportunità".

"Decisioni prese senza una reale comprensione delle dinamiche economiche, amministrative o internazionali comportano, invero, uno sperpero di denaro pubblico, progetti mal avviati o mai completati, fondi europei non utilizzati, burocrazia inefficiente. Pensiamo all’esempio delle società partecipate, oggi pari a circa 5.081 unità, che hanno come soci 39.657 enti pubblici e il 68% è in mano ai Comuni. Il 41% di queste, negli ultimi 5 anni, ha avuto almeno un bilancio in perdita, più di 1.000 di queste sono in liquidazione o soggette a procedure concorsuali, il 22% ha più amministratori, e quindi poltrone da spartire, che dipendenti e il 39% delle partecipazioni non rispetta le condizioni per le quali, da qualche anno, la legge impone agli enti di sbarazzarsene - chiudendo la società o cedendo le quote - o almeno di avviare dei seri piani di risanamento", proseguono nella nota da Meritocrazia Italia.

"Pensiamo, ancora, ai circa 208 miliardi di euro per gli appalti pubblici e ai dati emergenti dall’Anagrafe delle opere pubbliche incompiute di interesse nazionale, il cui valore attuale risulta di circa 2,5 miliardi di euro, ovvero al dato per cui circa 6 milioni e 600mila italiani (l'11,2% della popolazione) non sono allacciati alla rete fognaria pubblica, mentre le perdite medie degli acquedotti italiani superano il 42%. Per non parlare poi del risultato degli Enti locali in dissesto finanziario, che registra un costante e importante aumento nel tempo. A questo si aggiungono politiche miopi, con misure 'tampone' che peggiorano i problemi strutturali invece di risolverli, ma anche instabilità normativa con leggi scritte male, cambiate troppo spesso o contraddittorie, che disincentivano investimenti e frenano l’economia".

"E allora come uscire da questa deriva? La risposta richiede uno sforzo collettivo di cultura, competenza, coraggio. Serve investire nella formazione politica, restituire dignità alla competenza, rompendo il binomio 'esperto = élite lontana'. Ma serve anche una responsabilizzazione dell’elettorato, rendendo chiaro che ogni voto ha un peso, e che scegliere con superficialità ha conseguenze reali. Perché l’incompetenza al potere non è solo un problema di chi governa, ma anche di chi permette che venga governato male. Ci costa miliardi, ci costa tempo, ci costa fiducia. Soprattutto ci costa il futuro. Ed è proprio da qui che dobbiamo ripartire, nella consapevolezza collettiva che, altrimenti, saremo noi stessi corresponsabili dell’impoverimento del Paese, non solo sotto il profilo economico, ma anche sotto quello della tenuta del tessuto sociale e delle prospettive di legittimazione per le future generazioni", concludono.

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