In corso riflessione tra i relatori. Intanto Noi Moderati dice no: "Se un ministro non vuole i soldi, rinunci". Gasparri lancia la proposta inversa - "meno soldi ai parlamentari" - e trova il plauso dei 5 Stelle
Ipotesi ritiro per l'emendamento alla manovra 2025 relativo all'aumento degli stipendi dei ministri non parlamentari. A quanto si apprende sarebbe infatti in corso, a seduta della commissione Bilancio della Camera sospesa, una riflessione in tal senso tra i relatori della manovra. Riflessione che arriva dopo la richiesta del ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha preso posizione sul caso con un post su X.
"È assurdo lasciare anche solo un secondo di più di spazio alle polemiche sull’emendamento che parificava tutti i Ministri e sottosegretari non parlamentari, ai deputati, riconoscendo i rimborsi spese. È così da oltre due anni e continuerà così fino a fine legislatura", ha scritto Crosetto.
"La cosa è giusta? Non penso perché non ha particolare senso che il ministro degli interni o della difesa debbano avere un trattamento diverso rispetto ad un loro sottosegretario, ma non è mai importato finora, né a me né ai miei colleghi. Per questo motivo abbiamo chiesto ai relatori di ritirarlo ed evitare inutili polemiche", ha aggiunto.
“Quello che non sarebbe comprensibile per nessuna altra professione e cioè che due persone che fanno lo stesso lavoro, nella stessa organizzazione, abbiano trattamenti diversi, per chi fa politica deve essere messo in conto", ha scritto ancora.
Alla richiesta del ministro ha intanto replicato, con un secco 'no', Francesco Saverio Romano, deputato di Noi Moderati e relatore della manovra. "Perché dovremmo ritirarlo? Se c’è un ministro che non vuole prendere soldi ci rinuncia, è semplice. La legge è erga omnes, non è fatta per questo o quel ministro", le parole a margine dei lavori della Commissione Bilancio, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano se dopo l’intervento di Crosetto i relatori stessero pensando di ritirare l’emendamento.
“Tutti i consigli regionali hanno questa legge. Trovatemi un consiglio regionale che non abbia equiparato gli assessori esterni ai consiglieri e trovatemi un assessore che rinuncia alla sua attività professionale per svolgere un ruolo così importante con 2600 euro di stipendio”. E a chi gli faceva notare che molte critiche fanno leva sul tempismo della misura, che alza gli stipendi degli esponenti del governo in tempi di crisi, il deputato ha risposto: “Questo è populismo e noi non siamo populisti. Se poi qualche ministro lo ritiene offensivo nei suoi confronti, allora vi rinuncia. E’ semplice, per quanto mi riguarda”, ha poi concluso, evidenziando però: “Io ho una firma”.
Il tema ha tenuto banco per tutto il giorno. Dopo l'attacco del Movimento 5 Stelle al titolare dell'Istruzione Valditara - accusato di intascare grazie all'emendamento "un aumento pari quasi al quintuplo dello stipendio medio di un qualsiasi insegnante italiano" -, il ministro ha ribadito l'intenzione di rinunciare al bonus.
"Gli esponenti M5S in commissione Cultura della Camera dimostrano di non avere il senso della vergogna. Ho già annunciato pubblicamente che non intendo percepire i bonus a cui peraltro loro invece hanno diritto. Le loro dichiarazioni fanno sorgere il sospetto che più che scarsa informazione o banale demagogia vi sia malafede", ha spiegato.
Ma a stretto giro arriva la controreplica del Movimento: "Valditara sta ammettendo implicitamente che quella misura che comporta un aumento per i suoi colleghi non parlamentari pari a quasi 5 mensilità di un insegnante è una vergogna. A questo punto faccia un passo in avanti. Chiami Giuli, Crosetto e gli altri e suggerisca anche a loro di rinunciare. O meglio, già che c'è, si impegni a far ritirare al suo governo e alla sua maggioranza quell'emendamento vergognoso".
Lancia invece un emendamento al contrario Maurizio Gasparri: "Io faccio un’altra proposta. Siccome un ministro guadagna un terzo, un quarto di un parlamentare, io proporrò in Senato che tutti noi parlamentari, a cominciare dalla Schlein e da Borghi di Italia Viva, che hanno detto che non va bene, di equiparare i trattamenti di noi parlamentari a quelli dei ministri che non sono parlamentari. Così risolviamo il problema. La Schlein, che protesta, guadagna il quadruplo di Crosetto o di Giuli... Io farò questa proposta", afferma il capogruppo di Fi al Senato.
Una 'sfida' raccolta subito dalla senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S a palazzo Madama."Bene - afferma la pentastellata - adesso Gasparri faccia portare velocemente la proposta nel Consiglio di presidenza del Senato e chieda a qualche suo collega di partito di fare lo stesso alla Camera, perché sono quelli gli organi deputati a decidere degli stipendi e di varie altre prebende dei parlamentari. Per la prima volta noi saremo d'accordo con Gasparri, voteremo la sua proposta e gli daremo l'occasione storica di avere fatto finalmente, dopo 32 anni da mantenuto della politica, qualcosa di buono per i cittadini". Lo afferma la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S a palazzo Madama.
E mentre infiamma la bufera Matteo Renzi rivendica su X di aver detto no, da presidente del Consiglio, all'aumento delle indennità. "Dieci anni fa ero premier non parlamentare. E guadagnavo meno degli altri ministri. In molti mi chiesero di fare una norma per aumentare lo stipendio. Dissi di no, perché se è vero che è populismo criticare gli stipendi della politica è anche vero che alzare gli stipendi dei sottosegretari, dare l’indennità a Brunetta, aumentare lo staff di Lollobrigida non è buona politica. Si chiama spreco. E io sono contro gli sprechi, sempre", scrive Renzi.
"Questa legge di bilancio dimezza le previsioni di crescita e raddoppia le indennità ai sottosegretari. Avete voluto il governo degli influencer? E adesso ecco le conseguenze. Ma la cosa più grave è che questa maggioranza agisce di nascosto, con emendamenti last minute e senza consentire il dibattito perché mettono la fiducia: questo è il vero scandalo. Si prendono i soldi ma non hanno neppure il coraggio di metterci la faccia", conclude l'ex premier.