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Gran Bretagna, professor Bilotti: "La sentenza della Corte suprema sarà un inevitabile riferimento per la Corte europea dei diritti dell'uomo"

"La realtà biologica prevale sul dato giuridico anche nonostante la transizione - Anche per Corte costituzionale italiana oltre all'interesse del singolo c'è quello generale all’accertamento pubblico del dato biologico"

Emanuele Bilotti
Emanuele Bilotti
17 aprile 2025 | 16.23
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La storica sentenza della Corte suprema britannica, che ha stabilito che il significato dei termini "sesso", "uomo" e "donna" è quello di sesso biologico e non quello di sesso "certificato", e dunque che la definizione legale di donna si basa sul dato biologico, "sarà inevitabilmente un riferimento anche per la Corte europea dei diritti dell'uomo e conseguentemente per l'Italia". La Corte di Strasburgo, istituita in seno al Consiglio d'Europa, di cui fanno parte tra gli altri sia l'Italia sia la Gran Bretagna, "non potrà non tenerne conto se un caso analogo dovesse arrivare in quella sede". Ne parla con l'Adnkronos Emanuele Bilotti, professore ordinario di diritto privato nell'Università Europea di Roma, che rappresenta l’Italia in un gruppo di lavoro, presso la Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato, incaricato di occuparsi del delicato problema della tutela transfrontaliera dei bambini nati a seguito del ricorso alla surrogazione di maternità.

Bilotti rimarca che la Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha competenza a conoscere i ricorsi presentati per denunciare le violazioni alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo commesse dai 46 Stati che ad essa aderiscono, "quando si tratta di riconoscere se certe aspirazioni del singolo possono essere considerate diritti tutelati dalla Convenzione effettua sempre un’indagine accurata su come una certa materia è regolata negli ordinamenti degli Stati membri del Consiglio d'Europa. E dove non c'è una visione comune tra i diversi ordinamenti - spiega - riconosce agli Stati quello che chiama il 'margine di apprezzamento': un ambito di discrezionalità nelle modalità concrete di protezione dei diritti garantiti dalla Convenzione che è tanto più ristretto quanto più la tutela di un determinato interesse individuale è ritenuta irrinunciabile".

Secondo il giurista, "una decisione come quella della Corte suprema britannica, a livello di Corte europea dei diritti dell'uomo, non metterà in discussione la flessibilità già riconosciuta nella considerazione del margine di apprezzamento degli Stati nella protezione dell’interesse individuale all’affermazione dell’identità di genere. Non mi pare infatti che l'importante ed articolata sentenza della Corte suprema britannica sia in contraddizione con quello che la Cedu ha detto fino ad oggi. In questa materia, infatti, la Corte di Strasburgo, non diversamente dalla Corte costituzionale italiana, ha sempre affermato che bisogna contemperare le esigenze del singolo con gli interessi generali sottesi all’accertamento pubblico del sesso sulla base del dato biologico. Tanto è vero che ha ritenuto che gli Stati conservino un margine di apprezzamento piuttosto ampio nel riconoscimento di un diritto del singolo all’attribuzione pubblica del genere neutro (come è possibile in Germania o in Belgio, ma non nel Regno Unito o in Italia)". In una decisione del 31 maggio 2023 la Corte di Strasburgo ha infatti statuito che non viola l'articolo 8 della Convenzione lo Stato che rifiuta l'inserimento della dicitura 'genere neutro' o ‘intersessuale’ nell'atto di nascita.

"La Corte suprema britannica - prosegue Bilotti - dice chiaramente che quando si parla di sesso ci si riferisce al sesso biologico attribuito alla nascita e non al sesso certificato, cioè a quello che può risultare a seguito di una rettificazione anagrafica, che in Gran Bretagna si consegue attraverso il cosiddetto Grc (Gender Recognition Certificate). Nello stabilire quindi una netta demarcazione fra dato biologico e dato giuridico, la Corte afferma che la realtà biologica prevale sul dato giuridico, contestando l'argomentazione del governo scozzese che tentava di istituire una similitudine tra la rettificazione del sesso e l’adozione di un minore abbandonato. In quest’ultimo caso, in effetti, il diritto costituisce un nuovo rapporto genitoriale che sostituisce del tutto il rapporto fondato sulla generazione. La Corte suprema britannica contesta la correttezza di un simile parallelismo. E ciò perché, a suo parere, nonostante la rettificazione di sesso, il dato biologico della persona transessuale non può essere cancellato e continua ad avere rilevanza per l’ordinamento a determinati fini nonostante la transizione".

La decisione della Corte inglese riguarda esclusivamente chi è in possesso del Grc, cioè chi in Gran Bretagna – così come avviene in Italia a seguito della rettificazione anagrafica del sesso – ha conseguito un accertamento pubblico della propria condizione. A tal fine, a garanzia dell’interesse generale sotteso all’accertamento pubblico del sesso, è comunque necessaria una diagnosi specialistica di disforia di genere. Bisogna inoltre documentare di aver vissuto nel genere desiderato già da più di due anni. "Ora - sottolinea il giurista - è proprio in considerazione della necessità di un bilanciamento tra l’interesse individuale della persona transessuale e l’interesse generale che la Corte suprema britannica chiarisce che i transgender non possono accedere a quote e servizi riservati a chi nasce donna, anche se ciò non significa che le persone transessuali non debbano essere tutelate contro le discriminazioni. Peraltro, anche a tal fine la Corte precisa che in Gran Bretagna solo una parte minoritaria delle persone transessuali è in possesso del Grc".

In linea anche l'Italia: "Anche la Corte costituzionale italiana ha evidenziato in diverse occasioni che c'è un interesse del singolo ad affermare la propria identità, ma anche un interesse generale all’accertamento pubblico del dato biologico. La Consulta non sembra peraltro aver escluso la possibilità di un intervento del legislatore volto ad introdurre anche una rettificazione anagrafica in senso non binario. La stessa Corte ha comunque escluso la possibilità di una rettificazione anagrafica del sesso a prescindere da qualsiasi modifica oggettiva dei caratteri sessuali, anche solo a seguito di un trattamento farmacologico. Ciò appunto perché - conclude Bilotti - bisogna contemperare l’interesse individuale con l’interesse generale secondo criteri di ragionevolezza e tenendo conto del dovere generale di solidarietà". (di Roberta Lanzara)

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