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Gb, l'esperta di medicina di genere Grego: "Sentenza Corte suprema è corretta, Trump sbaglia a dire che i generi sono due"

"Il termine genere ha un'accezione diversa da quella di sesso"

Susanna Grego
Susanna Grego
17 aprile 2025 | 17.50
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Plauso dal mondo al fronte della 'Medicina di Genere' alla sentenza della Corte Suprema della Gran Bretagna che ha stabilito che il significato dei termini "sesso", "uomo" e "donna" è quello di sesso biologico e non quello di sesso "certificato" e dunque che la definizione legale di donna si basa sul dato biologico. Una sentenza giusta? "Corretta"; "Si ritorna alla definition originaria, che sottolinea l'equivoco linguistico" aiutando a risettare il paradigma della Sex&Gender medicine. Così risponde all'Adnkronos Susanna Grego, cardiologa presso la Fondazione Cardiocentro-Ticino e la Clinica Sant'Anna a Lugano e titolare del Corso 'Sex and Gender Medicine' alla Università della Svizzera italiana, Usi.

Grego, attiva nel dibattito aperto sui principi della medicina di genere, rimarca che "il sesso non è sinonimo di genere. Sesso e genere vengono confusi e purtroppo usare un termine e dimenticare l'altro non aiuta. Trump sbaglia a dire che i generi sono due, perché il termine genere ha un'accezione diversa da quella di sesso ed è il punto di arrivo dello studio delle differenze tridimensionali (come mi vedo, come mi vedono gli altri, come io interagisco con gli altri) tra individuo e società. Infatti il termine genere si applica solo all'uomo e non agli animali, perché non ha un significato biologico".

L'esperta ricorda che la storia dell'equivoco in medicina (dove vigeva un diverso rispetto per il sesso maschio - femmina ed anche dell'uomo e della donna, quest'ultima a lungo ignorata nei grandi trial clinici) può esser fatta risalire agli anni '70 "al concetto di parità dei sessi". "Fino al 1957 il termine 'gender' in inglese infatti non esisteva. Poi, per definire il concetto di identità personale nell'ambito sociale, che poteva non corrispondere a quella biologica, fu coniato. Ad utilizzarlo tra i primi fu Ruth Bader Ginsburg, giudice democratica della Corte suprema americana, che combattendo per i diritti delle donne e delle altre minoranze, usò il termine 'genere', quando altri usavano 'sesso'", parlando davanti ad un pubblico prevalentemente maschile.

E così la parità dei sessi si è trasformata progressivamente nel tempo nella parità di genere e si è alimentato l'inganno linguistico: "'Genere' non è infatti maschio o femmina, che sono termini che afferiscono invece al sesso, alle caratteristiche geneticamente predeterminate e al tipo di cromosoma sessuale presente - spiega la ricercatrice - Genere è qualcosa di diverso: include l'identità di come una persona vede se stessa, può ammettere numerose e diverse identità, riguarda il modo in cui una persona si relaziona con la società ed è considerata dalla società...". (di Roberta Lanzara)

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