Lo rende noto l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Il leader jihadista: "Obiettivo è rovesciare regime di Assad". Iran: "Sostegno alla Siria con qualsiasi cosa le serva"
Si allarga l'offensiva anti-governativa in Siria. Mentre i ribelli jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham, affiancati da fazioni filo-turche, continuano ad avanzare verso Damasco, i riflettori sono accesi anche su Daraa, nel sud del Paese, culla della rivolta del 2011. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, il governo siriano ha perso il controllo della città e della maggior parte dell'omonima provincia. "Le fazioni locali hanno preso il controllo di altre aree nella provincia di Daraa, compresa la città di Daraa. Ora controllano più del 90% della provincia, mentre le forze del regime si sono progressivamente ritirate”, ha reso noto l'Osservatorio.
L'Iran continuerà a sostenere il regime di Damasco "qualsiasi cosa gli serva" dinanzi all'avanzata degli insorti. Lo ha detto il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, che già nei giorni scorsi aveva dato la disponibilità a valutare un eventuale invio di truppe in Siria dinanzi a una richiesta del regime. "La Repubblica islamica dell'Iran ha sempre sostenuto la Siria e continuerà a farlo - ha assicurato il capo della diplomazia di Teheran, parlando da Baghdad - con tutta la sua forza, qualsiasi cosa le serva e che sia richiesta dal governo siriano".
L'offensiva "terroristica" degli insorti in Siria contro il regime di Bashar al Assad rappresenta "una minaccia" per tutto il Medio Oriente, ha affermato Araghchi. "La minaccia terroristica - ha avvertito - non si limiterà alla Siria e rappresenta una minaccia per tutti i Paesi vicini e l'insieme della regione. Il terrorismo non conosce frontiere".
L'obiettivo della rivolta jihadista e delle fazioni ribelli è quello di ''rovesciare il regime'' di Bashar al-Assad in Siria. Lo ha spiegato, in una intervista esclusiva alla Cnn, Abu Mohammed al-Jawlani, l'enigmatico leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) che nei giorni scorsi ha lanciato una nuova sfida al presidente alawita con la presa di Aleppo prima e di Hama poi. Nella sua prima intervista da anni, parlando da una località segreta in Siria, al-Jawlani ha spiegato i piani per creare un governo basato su istituzioni e un "consiglio scelto dal popolo". Ovvero, ''quando parliamo di obiettivi, l'obiettivo della rivoluzione rimane il rovesciamento di questo regime. E' nostro diritto usare tutti i mezzi disponibili per raggiungere tale obiettivo", ha affermato al-Jawlani.
Il leader del gruppo jihadista, nato dall'ex Fronte al-Nusra legato ad al-Qaeda, ha poi aggiunto che ''i semi della sconfitta del regime sono sempre stati al suo interno. Gli iraniani hanno tentato di far rivivere il regime, prendendo tempo, e in seguito anche i russi hanno cercato di sostenerlo. Ma la verità rimane: questo regime è morto''.
Mentre gli insorti avanzano, al-Jawlani ha garantito che i civili hanno poco da temere dalla gestione delle aree della Siria controllate dai ribelli. Se le forze di opposizione riuscissero a rovesciare il regime di Assad, si giungerebbe a una transizione verso "uno stato di governo, istituzioni e così via", ha previsto. Ha anche detto di essersi impegnato a fondo per dire ai cristiani e ad altre minoranze religiose ed etniche che vivranno in sicurezza sotto il suo governo. "Ci sono state alcune violazioni contro le minoranze da parte di alcuni individui durante i periodi di caos, ma abbiamo affrontato questi problemi", ha spiegato. "Nessuno ha il diritto di cancellare un altro gruppo. Queste sette hanno coesistito in questa regione per centinaia di anni e nessuno ha il diritto di eliminarle", ha affermato al-Jawlani.
Il leader della rivolta ha poi respinto la designazione terroristica di Hts parlando di etichetta "principalmente politica e, allo stesso tempo, imprecisa". Perché si è detto contrario ad alcune delle tattiche più brutali utilizzate da altri gruppi jihadisti che lo hanno portato a recidere i legami con loro.
Al-Jawlani ha poi espresso il desiderio di vedere le forze straniere lasciare la Siria. "Penso che una volta caduto questo regime, la questione sarà risolta e non ci sarà più bisogno che nessuna forza straniera rimanga in Siria", ha sostenuto. "La Siria merita un sistema di governo istituzionale, non uno in cui un singolo sovrano prende decisioni arbitrarie", ha aggiunto. La dinastia Assad è al potere da 53 anni in Siria dal 1971. Per mantenere il suo dominio decennale, il regime di Damasco ha ucciso centinaia di migliaia di persone, messo in carcere dissidenti e sfollato brutalmente milioni di persone all'interno e all'estero.
"Stiamo parlando di un progetto più ampio, stiamo parlando di costruire la Siria", ha continuato al-Jawlani. "Hayat Tahrir al-Sham è solo una parte di questo dialogo, e potrebbe dissolversi in qualsiasi momento. Non è un fine in sé, ma un mezzo per svolgere un compito: affrontare questo regime", ha concluso.
I jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham e le fazioni alleate anti-regime in Siria stanno continuando ad avanzare verso Damasco. Dopo aver preso il controllo di Hama, gli insorti hanno conquistato il distretto di Rasten nella provincia di Homs. Si tratta di una porta di accesso strategicamente importante per la capitale Damasco. Lo riporta l'agenzia di stampa turca Anadolu. I jihadisti sono arrivati a cinque chilometri da Homs, riferiscono gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani su 'X' .
Raid aerei sono intanto stati condotti sul ponte che collega la città di Hama a quella di Homs, riferiscono ancora gli attivisti dell'Osservatorio siriano spiegando che si tratta di un intervento militare finalizzato a proteggere Homs dall'avanzata dei ribelli.
"I caccia hanno eseguito diversi attacchi aerei, prendendo di mira il ponte Al-Rastan sull'autostrada Homs-Hama che collega le città di Homs e Hama, e hanno attaccato le posizioni attorno al ponte, nel tentativo di tagliare la strada tra Hama e Homs e di mettere in sicurezza la città di Homs", ha affermato l'Osservatorio siriano per i diritti umani con sede in Gran Bretagna.
La statua di Hafiz al-Assad, presidente della Siria fino al 2000 e padre dell'attuale leader siriano, è stata abbattuta nella città di Hama. Sui social sono stati condivisi video e foto della statua mentre viene abbattuta tra il giubilo dei presenti.