E' quanto ribadito dalla commissaria Ue alle Migrazioni mentre Bruxelles lavora a una lista comune di Paesi terzi sicuri
"Le misure che le autorità italiane stanno prendendo devono essere nel pieno rispetto del diritto e dei trattati Ue e non devono in alcun modo minarne l'applicazione". E' quanto ribadito dalla commissaria Ue alle Migrazioni Ylva Johansson parlando del caso Albania.
Nel frattempo la Commissione Europea sta "guardando" alla possibilità di stilare una lista Ue dei Paesi terzi considerati sicuri, che attualmente non esiste (ogni Paese stila la propria), passo che potrebbe semplificare, dal punto di vista legislativo, la questione. Anche se "è presto" per parlare di tempi per arrivare ad una decisione, fanno sapere i portavoce della Commissione.
L'accordo Italia-Albania sta infatti incontrando difficoltà proprio a causa del concetto di Paese terzo sicuro, così come delineato da una recente sentenza della Corte di Giustizia Ue.
"A livello Ue - spiega Anitta Hipper, portavoce per le migrazioni - non abbiamo una lista comune, ma è una cosa che è prevista anche nel patto per le migrazioni e l'asilo, per assicurare di avere criteri comuni. E' una cosa cui stiamo guardando". Tuttavia, aggiunge il portavoce capo Eric Mamer, "prima dobbiamo avere un collegio dei commissari in carica. E' un processo in corso, quindi è un po' presto per iniziare a pensare alla tempistica" di una decisione simile.
La volontà di lavorare sul concetto di Paesi terzi sicuri era già stata messa nero su bianco dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen che, nella consueta lettera in materia di migrazioni in vista del Consiglio Europeo, ha sottolineato la settimana scorsa che l'esecutivo Ue è impegnato "a rivedere, entro il prossimo anno, il concetto di Paesi terzi sicuri designati. L’Unhcr e l’Oim sono pronti a collaborare con l’Ue su un approccio globale, aiutando i richiedenti asilo senza dover intraprendere pericolosi viaggi attraverso il Mediterraneo".
I tempi per arrivare ad una revisione delle norme li ha indicati il Ppe, nella dichiarazione approvata dopo il presummit di giovedì scorso: "La direttiva risalente al 2008 - scrivono i Popolari - continuerà ad essere valida fino a quando non sarà sostituita da un nuovo regolamento, che chiediamo con urgenza, per garantire un'applicazione uniforme del rimpatrio effettivo delle persone prive del diritto di soggiornare nell’Ue. Uno strumento importante per migliorare l’efficienza dell’Ue sui rimpatri sarebbe il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio, stabilendo norme comuni, procedure e moduli. Dobbiamo anche rivalutare il concetto di Paese terzo sicuro, entro il 12 giugno 2025, per alleviare la pressione sui Paesi dell'Ue".
"Siamo al corrente della sentenza" del Tribunale di Roma che ha imposto l'invio in Italia dei primi migranti portati nel campo nel nord dell'Albania, ribadisce Hipper, "e siamo in contatto con le autorità italiane". La commissaria alle Migrazioni Ylva Johansson, ricorda, "ha detto che il protocollo Italia-Albania applica la legge nazionale, ma naturalmente questa prevede standard delineati dal diritto Ue. Abbiamo anche detto che le misure che le autorità italiane stanno prendendo devono essere nel pieno rispetto del diritto e dei trattati Ue e non devono in alcun modo minarne l'applicazione".
La presidente von der Leyen giovedì scorso ha detto che la protezione può essere data ai richiedenti asilo anche fuori dall'Ue, in Paesi terzi sicuri. E' una cosa diversa dall'accordo Italia-Albania, che prevede il trasferimento nel Paese delle Aquile di migranti salvati in mare (quindi è difficilmente replicabile altrove), senza passare dal territorio italiano (posto che una nave militare non lo sia). Un modello c'è: l'Ue ha fin dal 2016 un accordo con la Turchia, che già prevede questa fattispecie, perché i siriani che arrivano in Grecia irregolarmente, pur avendo diritto d'asilo, vengono riconsegnati alla Turchia, la quale se ne accolla gli oneri in cambio di cospicui finanziamenti Ue.