Simone Tropea da Gerusalemme racconta all'Adnkronos la condizione dei cristiani, da 13 anni in preda alla brutalità fondamentalista
In un colloquio con l'Adnkronos, Simone Tropea, professore di filosofia e giornalista dell’ente dei francescani Custodia di Terra Santa, racconta che la prima volta che vide la Siria, "l'Isis era appena stato sconfitto. L’immagine che mi è rimasta più impressa è quella delle donne mutilate da altre donne per l’inadempienza della Sharia. Quella dei figli dei militanti dello Stato Islamico, anche, che vagavano smarriti insieme ai cani randagi. Passando dai villaggi situati a poca distanza dal Golan, e andando nelle città, la situazione cambiava, rimanendo spettrale. Aleppo era un cumulo di macerie. La puzza di cadaveri ovunque. Era il 2017. L’aeroporto della città avrebbe riaperto soltanto nel 2020".
Tropea lavora per il Christian Media Center, la tv che segue la vita dei cristiani in Palestina, Israele, Libano, Siria e Cipro. Ha scritto “Una Guerra Metafisica” (Rubbettino, 2024) e dopo essere stato corrispondente dall’Ucraina, vive stabilmente a Gerusalemme. Prosegue il suo racconto, descrivendo la situazione dei cristiani in Siria come "complessa, drammatica. Prima della guerra civile del 2011 rappresentavano circa il 10% della popolazione, con una presenza storica millenaria e una relativa libertà di culto garantita dal regime di Assad. Con lo scoppio del conflitto, le comunità cristiane sono state prese di mira dai fondamentalisti islamici, e hanno sofferto persecuzioni, rapimenti, esecuzioni arbitrarie, e la distruzione di chiese e monasteri storici. Per esempio, nel villaggio di Maalula (dove ancora si parlava aramaico, la lingua di Gesù), sfregiato dalla violenza di Al-Nusra, o il monastero di Mar Elian, ad Al-Qaryatayn, un edificio del V secolo completamente raso al suolo dall’ISIS nel 2015".
Riferisce che "si stima che oltre il 50% dei cristiani siriani abbia lasciato il Paese, fuggendo principalmente in Libano e Giordania – sebbene la maggioranza di questi profughi sia musulmana – o piuttosto, chi poteva permetterselo, in Europa e Stati Uniti. Dei circa 2,2 milioni di cristiani del 2011, oggi in Siria ne resta meno della metà".
Un dato paradossale emerge nel racconto: "Molti dei cristiani rimasti hanno finito per sostenere il regime di Assad, vedendolo come il male minore, comparato ai gruppi islamisti radicali. Il governo siriano, da parte sua, si è presentato come protettore delle minoranze religiose".
Non si può non parlare della situazione attuale: "Dalla fine dell’Isis (2018-19), nelle zone controllate dal governo, e quindi dalle truppe di Assad e dai russi, i cristiani hanno potuto vivere con relativa libertà, ma affrontano le stesse difficoltà economiche e sociali del resto della popolazione: povertà diffusa, infrastrutture distrutte, carenza dei servizi basilari. Nelle aree ancora contese o controllate da gruppi ribelli, la situazione è rimasta più precaria".
E aggiunge: "Oggi, la situazione cambia ancora. Appena qualche giorno fa, la Russia ha bombardato il collegio francescano di Aleppo, appartenente alla Custodia di Terra Santa (GUARDA LA FOTOGALLERY). Non ci sono state vittime. In questi giorni, mentre la maggior parte dei siriani confinati in quei luoghi disumani che sono i campi profughi di Libano e Giordania, da ieri, ha già iniziato a muoversi per ritornare in patria, il leader jihadista Abu Mohammad al Jolani, già capo di Al Nusra – che nasce come estensione siriana di al Qaeda – si presenta aperto al dialogo e pronto a rispettare le minoranze non musulmane o comunque non sunnite".
Osserva che "la vicenda siriana manifesta nettamente gli equilibri geopolitici finora incerti e tenuti sottotraccia. Il dietro le quinte della Turchia (e dei sauditi?) si rivela. Sancisce il ritiro – forse solo strategico e temporaneo, chi può dirlo? – della Russia, e il conseguente indebolimento dell’influenza iraniana nella regione. Sia Hamas che Hezbollah, al momento, appaiono condannati. Usa e Israele escono rafforzati, e per i cristiani si apre un’ulteriore fase di incertezza".
E conclude con un pensiero: "Come si evolveranno i fatti resta un’incognita. In generale, in questa sanguinosa porzione di mondo le alleanze cambiano rapidamente. Il Medio Oriente è uno scenario precario in cui è molto difficile fare previsioni certe. A dettare legge sono gli interessi immediati dei leader che si incastrano temporaneamente e poi si trasformano in tempi rapidissimi. Dietro le promesse di moderazione dell’ex capo di Al Nusra c’è solo una cinica strategia? La proposta di fare addirittura il vescovo di Aleppo, già frate della custodia, sindaco della città, ha dell’inverosimile. Offerta declinata da parte della Chiesa, che teme lo spettro di un ritorno all’equilibrio sociale dettato da fanatici e tagliagole. Aleppo e la Siria in generale restano territori dove il dolore si intreccia alla speranza".