Una vittoria di Donald Trump spingerebbe l’azionario, mentre il mondo obbligazionario sembra guardare con favore a Kamala Harris
Per chi tifano i mercati nelle elezioni Usa? Una vittoria di Donald Trump spingerebbe l’azionario, mentre il mondo obbligazionario sembra guardare con favore a Kamala Harris. L’analista Pietro Calì, intervistato dall’Adnkronos, sottolinea come "dal ritorno di Trump beneficerebbero settori come il petrolifero e il finanziario grazie alla deregolamentazione, mentre Harris, attenta ai bisogni della new economy, potrebbe rafforzare il settore delle rinnovabili e delle tecnologie green". Ma ciò che i mercati auspicano davvero, spiega Calì, è un Congresso Usa capace di bilanciare le decisioni economiche più estreme.
Calì sottolinea come Trump, grande sostenitore della deregulation, favorirebbe il settore finanziario anche con politiche pro-bitcoin, mentre il comparto petrolifero beneficerebbe di una politica con meno vincoli sul clima. Al contrario - dice Calì - Harris rappresenta un’alleata delle start-up, delle rinnovabili, e della tecnologia green, per un’economia sempre più orientata verso la sostenibilità. Il mercato obbligazionario, attento al controllo della spesa pubblica - afferma l'analista - apprezza la cautela della candidata democratica, specie per mantenere in sicurezza i titoli di Stato.
Farmaceutico e industria bellica? "Le piccole società farmaceutiche - afferma Calì - potrebbero trarre vantaggio dall’eventuale elezione di Harris, mentre l'industria delle armi sembra tifare ancora per Trump". Gli investitori, rimarca Calì, guardano con favore a uno stallo istituzionale, con il Congresso e il Senato divisi tra le due fazioni, per mantenere lo status quo e contenere gli eccessi. Il rischio con Trump, dice ancora Calì, è che tagli fiscali troppo aggressivi possano destabilizzare i conti pubblici. Le previsioni economiche, conclude, mostrano che, con il candidato repubblicano, il rapporto debito-Pil arriverebbe al 116% entro il 2028, mentre con Harris si fermerebbe al 109%, segnalando un approccio più moderato alla gestione della spesa.
Energia e sanità sono due settori regolamentati ma sorprendentemente isolati dagli scontri politici. A sostenere la tesi è Richard A. Brink, Market Strategist di AllianceBernstein. "Da un lato - spiega all'Adnkronos- c’è il settore energetico, in particolare per quanto riguarda la transizione energetica. L'Inflation Reduction Act (IRA) è un'iniziativa democratica, ma la sua creazione di posti di lavoro va a vantaggio di Stati tradizionalmente repubblicani", dice. "Questo crea un sostegno bipartisan per il proseguimento della legislazione, anche se un cambiamento nella leadership della Casa Bianca potrebbe portare ad alcune modifiche", afferma.
"Continueranno quindi ad esserci investimenti nel comparto, con vincitori e vinti. Attualmente, settori come gli investimenti nelle reti energetiche e le infrastrutture elettriche sembrano offrire opportunità per le aziende posizionate in modo efficace.Dall’altro lato, troviamo invece il settore sanitario: rappresentando il 17% del Pil statunitense, il settore sanitario vale circa 4,5 trilioni di dollari all’anno. Sebbene i costi dei farmaci siano spesso al centro dei dibattiti legislativi, le visite ospedaliere e le spese mediche generano una parte molto più consistente della spesa totale—tra il 50% e l'80% dei costi sanitari.
"Nonostante le innovazioni tecnologiche, i costi della sanità continuano a salire a causa di una scarsa trasparenza nella strutturazione dei prezzi e della mancanza di sistemi di pagamento basati sul valore. Per certi versi, al settore sanitario manca una controparte dell'IRA come catalizzatore di investimenti trasformativi.
I mercati azionari europei si muovono con estrema cautela mentre cresce l'attesa. Secondo Filippo Diodovich di IG Italia evidenzia l'incertezza sulle future politiche fiscali e commerciali degli Stati Uniti spaventa gli investitori, che riducono le esposizioni sui titoli più rischiosi. Giorgio Vintani analizza l'impatto sui titoli del Ftse Mib: Trump favorirebbe Eni, Stellantis e Leonardo, mentre Harris darebbe slancio a Terna e al comparto farmaceutico, con aziende come Recordati in prima linea.
Filippo Diodovich sottolinea all'Adnkronos: "L'incertezza legata all'esito elettorale e alle sue implicazioni sulle politiche fiscali e commerciali degli Stati Uniti genera preoccupazioni tra gli investitori, che stanno adottando un approccio molto prudente, diminuendo le esposizioni sugli asset più rischiosi e più legati ad alcuni candidati". Giorgio Vintani si sofferma sul mercato italiano: "Occorre osservare - dice - quelle che sono le linee politiche di riferimento dei candidati. "Donald Trump - afferma - è sempre stato favorevole alle fonti di energia tradizionale, non ponendosi troppi interrogativi sul tema del riscaldamento globale e la cura dell’ambiente, e quindi nemmeno sulla transizione all'elettrico".
Politiche a supporto di queste aree, continua, "andrebbero quindi a beneficio di Eni e, potenzialmente, di Stellantis: nononostante Trump sia grande amico di Elon Musk, non disdegna la permanenza a lungo termine di auto a motore termico. Infine, Leonardo – il tema degli armamenti è sempre stato una forte priorità del candidato repubblicano, e quindi una nuova corsa in questa direzione porterebbe benefici a tutte le società del settore". Se dovesse vincere Kamala Harris, prosegue, "il discorso è diverso, quasi opposto in un certo senso. Partendo dall’energia, forte è l’attenzione della candidata democratica al tema delle rinnovabili, per cui vedo bene Terna, che è una delle società Italiane più esposte in questo settore. Inoltre, grande è l’attenzione del partito nei confronti del comparto farmaceutico (ricordo che ‘Affordable Care Act’ è stato promosso dal presidente Obama nel 2010), e quindi Recordati potrebbe avere una chance." (di Andrea Persili)