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Scala di Milano, i segreti della Prima 2024 dietro le quinte

Cambi di scena con ritmi da pit stop e 180 metri cubi di polistirolo

I preparativi
I preparativi
06 dicembre 2024 | 16.05
LETTURA: 3 minuti

Per realizzare la scenografia della Prima della Scala del 7 dicembre 2024 “abbiamo utilizzato 180 metri cubi di polistirolo, così da ricoprire tutti i 400 metri quadri del palcoscenico”. Per la realizzazione delle scene "abbiamo in media dai due ai tre mesi". E per ottenere cambi di scena fluidi e continui "il ritmo da tenere per le oltre 100 persone nel backstage è simile a quello di un pit stop di Formula 1”. Lo dice all’Adnkronos, Costanzo Zanzarella, 56 anni, capo scenografo realizzatore del Teatro alla Scala. Un lavoro che ha visto il progetto iniziale partire nel luglio scorso e la produzione vera e propria i primi di settembre. Nei laboratori del teatro lavorano circa 150 persone, ognuna con competenze specifiche differenti. È questo lavoro di gruppo che ogni anno dà vita a opere ed esperienze uniche. “Ogni allestimento – spiega Zanzarella – è un prototipo che parte da zero”. I bozzetti e la parte creativa nascono dal lavoro del regista e dello scenografo che “ci fanno vedere le bozze e tutta una serie di disegni tecnici per aiutarci a capire come ogni scena dovrà essere costruita. Ci raccontano le atmosfere che vogliono lo spettacolo abbia e da quello creiamo la scenografia vera e propria”. Vengono realizzati i disegni tecnici che poi passano ai reparti di costruzione, falegnameria e meccanica. Da qui si passa alla realizzazione delle strutture in legno e ferro, rivestite da tele o dipinte. Una volta completata, ogni scena dovrà poi essere scomposta e trasportata dai laboratori al teatro, come un grande puzzle che poi verrà ricostruito in scena. La prima “prima” a cui Costanzo ha avuto modo di lavorare è stata quella del 2021, dove è andato in scena il “Macbeth”. Ma Zanzarella è particolarmente legato a un allestimento: “Ho avuto la fortuna di ritoccare più volte La Bohème di Franco Zeffirelli del 1965, datato fine anni 60 (68-69). È un’opera che ha dato una svolta all’evoluzione naturale della scenografia e ho avuto la possibilità di lavorarci per ripristinarla.

La particolarità della Prima di quest’anno, che vedrà la messa in scena de “La forza del destino” di Giuseppe Verdi, è stata la realizzazione di cambi di scena fluidi e continui, che coinvolgono oltre 100 persone nel backstage. “Il ritmo che dobbiamo tenere in questi casi è simile a quello di un pit stop di Formula 1”, commenta il capo scenografo realizzatore. Le scene si svolgeranno su un palco girevole capace di ruotare di 360°. “Questo grande piatto ha un nucleo centrale – spiega Zanzarella - e un anello esterno che ruota in continuazione, dove i macchinisti dovranno continuamente cambiare scena, aggiungendo pezzi di scenografia e oggetti che cambiano l’ambientazione, un luogo astratto in continuo mutamento”. La scena “é come se fosse un nastro che continua a muoversi e a cambiare. I personaggi non sono mai statici e anche il regista ha dovuto fare un grande lavoro”. In La Forza del destino ogni atto rappresenta un cambio di stagione e d’epoca, tra il secondo e terzo atto c’è un radicale cambio di scenografia “molto difficile”. E dietro le quinte, dove il pubblico non vede, c’è un altro spettacolo che va in scena: il lavoro di più di cento persone che lavorano in perfetta sintonia, montando e smontando le scene a tempi di record. “Il tempo è contato, ma questa è l’anima dello spettacolo” dice lo scenografo.

È l’esperienza di questi professionisti a dare l’identità visiva e narrativa della produzione scelta per la Prima. Ogni reparto dei laboratori ha le proprie competenze, maestri artigiani di un lavoro che “sta scomparendo, ma che teniamo stretto". Un lavoro di gruppo "che da vita a quello che pensiamo ed è questo che rende così preziose le nostre lavorazioni”. Per Costanzo la fortuna di questa professione è non fare due volte la stessa cosa. Ogni nuovo spettacolo è un allestimento che parte da zero, la realizzazione di un prototipo nuovo. Anche di potenziali imprevisti si tiene sempre conto: “In ogni allestimento c’è sempre qualche rogna da risolvere, ma è quello che ci dà lo stimolo per fare questo lavoro. È una sfida che raccogliamo ogni volta” rimarca Zanzarella.

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