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Terremoto Myanmar, Ingv: "Thailandia? Come se scossa a Palermo devastasse Monaco"

Il presidente Doglioni: "Non è spiegabile che un terremoto provochi danni a oltre mille chilometri. A meno che non si ipotizzi un fenomeno di amplificazione locale"

Macerie del grattacielo crollato in Thailandia dopo la devastante scossa di terremoto in Myanmar - Afp
Macerie del grattacielo crollato in Thailandia dopo la devastante scossa di terremoto in Myanmar - Afp
29 marzo 2025 | 08.56
LETTURA: 2 minuti

Dopo la violenta scossa di terremoto di ieri in Myanmar, "è stupefacente che siano crollati palazzi a Bangkok: a 1300 chilometri di distanza dall'epicentro. E’ come se ci fosse un terremoto a Palermo e venissero giù gli edifici a Monaco di Baviera". A dirlo è Carlo Doglioni, presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che interviene su ‘Repubblica’ in merito al sisma che ieri ha fatto tremare l'Asia.

Non è spiegabile che un terremoto provochi danni a oltre mille chilometri. A meno che non si ipotizzi un fenomeno di amplificazione locale: e in effetti Bangkok è costruita su giacimenti alluvionali in prossimità della riva del mare. Un contesto geologico che può aver amplificato una scossa arrivata da così lontano” prosegue.

“I terremoti di magnitudo 7 sono molto energetici: il sisma in Turchia del 2023 era equivalente a quello di ieri, magnitudo 7.8, e ha fatto 17 mila vittime - spiega Doglioni -. Più è profondo e meno è pericoloso, perché l'energia rilasciata si dissipa man mano che attraversa il terreno. Per l'evento di ieri si stima un epicentro compreso tra i 15 e i 24 chilometri di profondità. La grande incertezza dipende dal fatto che la rete di sismografi in Myanmar non è certo fitta come quella del Giappone o dell'Italia. Ma in ogni caso si è trattato di un terremoto poco profondo e i danni rischiano di essere importantissimi. La placca indiana spinge con un movimento obliquo verso Nord-Nordest. Un movimento che a Nord ha generato la catena dell'Himalaya e a Est le catene montuose del Myanmar".

Anche da noi c'è nel sottosuolo un prolungato accumulo di energia e poi il suo rilascio sotto forma di eventi sismici. La grande differenza, per nostra fortuna, è che qui le velocità in gioco sono 10 volte inferiori. La placca indiana mostra uno spostamento di 3-4 centimetri all'anno, mentre l'Appennino si dilata a una velocità di 4 millimetri annui. Di conseguenza frequenza e magnitudo sono minori. In Italia - conclude il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - le zone che in futuro potrebbero essere aree epicentrali sono molto diffuse e sappiamo dalla statistica che prima o poi avremo li dei terremoti, perché c'è una media di 20-24 terremoti al secolo di magnitudo superiore a 5.5”.

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