Accolta la questione di costituzionalità. Difensore imputato: "Soddisfatti, violati diritti difesa"
Sospeso il processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016.
La Prima Corte di Assise, sciogliendo la riserva, ha accolto la questione di costituzionalità sollevata dai difensori dei quattro 007 egiziani relativa al diritto di difesa e in particolare sull’impossibilità del gratuito patrocinio per la nomina di consulenti tecnici. I giudici, ritenendo la questione “non manifestamente infondata” e “rilevante” al fine della definizione del giudizio, hanno disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Consulta.
“Siamo molto soddisfatti della decisione della Corte d’Assise che ha accolto la nostra richiesta. La Corte Costituzionale nella sua prima sentenza ha creato la figura dell’imputato formalmente assente ma nei fatti irreperibile. Ciò ha comportato una stortura del sistema che su questo, come su molti altri aspetti, non può che sollevare sospetti di violazione del diritto di difesa”. Così all’Adnkronos l’avvocato Tranquillino Sarno, uno dei difensori dei quattro 007 egiziani imputati nel processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni. “Oltre al caso sollevato, si pensi ad esempio all’impossibilità, in caso di condanna, di presentare impugnazione ai sensi delle modifiche legislative apportate dalla riforma Cartabia”, sottolinea il penalista.
La Corte d' Assise, nell’ordinanza con cui ha accolto la questione di costituzionalità sollevata dai difensori dei quattro 007 egiziani, dubita della legittimità costituzionale della norma che "laddove consentendo alle parti private la nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio, segnatamente all'art. 102, che, a sua volta, condiziona la nomina e la conseguente liquidazione quale spesa anticipata dall'Erario all'avvenuta ammissione al patrocinio, non consentendo la nomina del consulente tecnico con anticipazione a carico dell'Erario da parte del difensore d'ufficio che assista un imputato, dichiarato assente".
"A un processo straordinario, nel senso della sua instaurazione in deroga agli ordinari criteri del processo in assenza posti dall'art. 420 bis. commi 1 e 2 c.p.p., devono conseguire adattamenti di istituti concepiti sulla base di presupposti diversi, unicamente rispetto ai quali risultano conformi ai principi generali del sistema; né l'astratta, eventuale possibilità di rinnovazione del processo può autorizzare che il presente si sviluppi con parzialità dei diritti difensivi", scrivono i giudici della Prima Corte di Assise nelle 22 pagine di ordinanza. "Essendo stato affidato in data 17 settembre 2025 nuovo incarico al perito, conoscitore della lingua araba, già integrato il contraddittorio da parte del pubblico ministero attraverso la conferma della nomina del suo consulente, l'avvio dell'attività è in concreto condizionato dalla decisione sul buon diritto delle difese di avvalersi di un proprio traduttore - si legge ancora - sin dall'avvio dei lavori e, dunque, dalla sorte della presente questione di costituzionalità atteso che gli strumenti normativi a oggi presenti nell'ordinamento non consentono loro l'accesso all'istituto richiesto".
"Né può sottacersi che, nell'eventualità di condanna di uno o più degli imputati, risulterebbe di fatto impossibile per il difensore la proposizione di un'impugnazione volta a riesaminare i temi di prova, attesa la necessità di disporre a pena di inammissibilità di uno specifico mandato, che incontrerà i medesimi limiti odierni, in ragione delle condizioni poste dall'art. 581 comma 1 quater. c.p.p. ("nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l'atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio")", viene riportato nell’ordinanza.
"Ogni qualvolta, dunque, il difensore non sia posto in condizione di confutare efficacemente tramite propri esperti le conclusioni dei consulenti dell'accusa vi è violazione del diritto alla parità delle parti e alla possibilità di confutare adeguatamente ogni elemento di prova a carico: valori tutelati a livello sovranazionale quale profilo specifico del diritto di difesa e dell'equo processo convenzionale", concludendo che "tutto quanto argomentato porta alla conclusione secondo cui le norme censurate, vietando di fatto ai difensori, nei termini illustrati, il libero esercizio di una facoltà loro spettante, in quanto insita nei diritti inviolabili di difesa e di parità della armi nonché del principio di uguaglianza, idonee a limitarne il pieno esercizio quale garantito dagli ambiti costituzionali e sovranazionali richiamati, risultano non conformi ai principi fondamentali che governano il processo penale". Da qui l’invio degli atti alla Consulta.