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Ue punta ad accordo su patto di stabilità entro l'inizio del 2024

Ue punta ad accordo su patto di stabilità entro l'inizio del 2024
02 maggio 2023 | 10.27
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Trovare un accordo sulla riforma del patto di stabilità "non sarà facile", ma "è possibile". La ministra delle Finanze svedese, Elisabeth Svantesson, ha sintetizzato così, al termine dell'Ecofin informale, lo stato d'animo prevalente tra i ministri delle Finanze, dopo i primi scambi sulle proposte messe sul tavolo dalla Commissione Europea mercoledì scorso. Proposte che si basano sull'archiviazione dei vecchi parametri, i "numeri magici" che "non hanno funzionato", come ammette apertamente una fonte Ue, per passare ad un benchmark unico, la spesa pubblica netta, con traiettorie pluriennali di finanza pubblica specifiche per Paese, concordate tra le capitali e la Commissione. L'Italia dovrebbe ridurre comunque il debito/Pil, tuttora superiore al 144%, ma assai più gradualmente, e con un certo spazio per effettuare riforme ed investimenti in linea con le priorità Ue.

Nei capannoni della Scandinavian Xpo, il luogo a due passi dall'aeroporto di Stoccolma in cui la presidenza, Frugale di nome e di fatto, ha deciso di tenere gli informali, è iniziato il negoziato che dovrebbe portare, nelle speranze di molti se non di tutti, ad un accordo entro la fine dell'anno, o entro l'inizio del 2024. Formalmente, il dossier planerà sul tavolo dell'Ecofin solo a giugno, ma ha tenuto banco negli incontri, stamani organizzati per gruppi (il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti era in quello del Ghiottone, un mustelide della taiga, il tedesco Christian Lindner in quello dell'Alce, il francese Bruno Le Maire nella Volpe artica). I tempi sono importanti, ma si prevede che solo quando la prospettiva di un'entrata in vigore delle vecchie regole, il primo gennaio 2024, sarà imminente, gli Stati avvertiranno una pressione tale da trovare un accordo. Anche per evitare le probabili tensioni sui mercati finanziari, che mal tollerano l'incertezza.

Ed è interesse di tutti, sottolinea una fonte Ue, evitare un ritorno in vigore delle vecchie regole. Anche perché, nota, "siamo seri: qualcuno si immagina che alla fine del 2023 applicheremmo le regole come falchi? Nessuno, neanche la Germania ha interesse a tornare alle vecchie norme". Se non si arrivasse ad un accordo in tempo utile, si procederebbe ad una soluzione di ripiego, con una comunicazione della Commissione, 'endorsata' dal Consiglio, per 'interpretare' le vecchie regole in modo che non facciano troppi danni. Non esattamente la soluzione ideale: i mercati inizierebbero a innervosirsi. E Berlino lo sa.

Lindner non è affatto isolato in Germania: le sue posizioni in materia di finanza pubblica sono gradite a una parte importante dell'Spd. In più, Berlino non è isolata in Europa: dalla sua ha una serie di Paesi del Centro Est Europa, oltre ai nordici. Fanno eccezione i Baltici, alle prese con la guerra in Ucraina e le conseguenti spinte sulla spesa pubblica. L'Olanda ha una posizione diversa dal passato: la ministra Sigrid Kaag, dei Democraten 66, un partito liberale olandese molto a sinistra sulle questioni sociali, adotta un approccio pragmatico. E la reazione dell'Aja alla proposta della Commissione è stata molto diversa, nei toni, rispetto ai tempi di Jeroen Dijsselbloem. Kaag ha una grande padronanza dei dossier e i suoi contributi alla discussione sono tenuti in altissima considerazione: potrebbe avere un ruolo nel trovare una soluzione, come ha già dimostrato nel recente passato tenendo una conferenza stampa congiunta, a Lussemburgo, con la collega spagnola Nadia Calviño.

La Germania ha diffuso un non-paper che chiede parametri numerici orizzontali, validi per tutti: una riduzione del debito/Pil pari ad almeno un punto percentuale l'anno per i Paesi più indebitati e di mezzo per quelli con un debito meno pesante. L'idea non ha entusiasmato la Commissione, anche perché il dibattito sulla riforma del patto di stabilità è iniziato nel 2020, ancora prima del Covid. E l'esecutivo Ue vorrebbe voltare pagina, rispetto ad un modello che ha fatto il suo tempo. "Se vuoi fare un dolce, devi scegliere gli ingredienti giusti", osserva una fonte comunitaria. E quindi, per disegnare un "nuovo modello" di governance economica per l'Ue, occorre prendere atto che i "numerini magici" del passato, per cui "dovevi fare quanto prescritto ogni anno", a prescindere dal contesto, semplicemente "non hanno funzionato". Pertanto, per disegnare un "nuovo approccio" alla governance economica non si possono usare ingredienti "vecchi", perché il dolce risulterebbe "immangiabile". O, per usare un'altra metafora, "se disegni un abito nuovo per andare in ufficio, non è che gli metti i braccioli".

Non è detto però che, nelle trattative in Consiglio, tra gli Stati, su questo punto non si trovi un qualche accomodamento. Giorgetti ha parlato della riforma con il patto di stabilità con il collega tedesco Lindner. L'uomo politico lombardo ha ribadito al collega la richiesta dell'Italia che gli investimenti 'verdi', quelli per il digitale e soprattutto quelli per la difesa vengano trattati, contabilmente, in modo "diverso" dagli altri.

Del resto, ha osservato Giorgetti, è "assurdo" mettere un Paese "di fronte alla prospettiva di scegliere se aiutare Kiev o rompere le regole del patto di stabilità". Se la Commissione non è entusiasta all'idea di introdurre requisiti numerici 'orizzontali', non lo è neppure davanti alla prospettiva di sottrarre determinati investimenti ai fini contabili, perché "se inizi a togliere A,B, C e D, alla fine non resta più niente". Il ministro ha spiegato comunque che tocca a Italia e Germania, i due "poli opposti", fare uno "sforzo" per avanzare nella riforma del patto di stabilità. Anche perché, se la Germania sa di non avere "una maggioranza", su queste cose è meglio procedere con il consenso più ampio possibile, e "una maggioranza dovrà essere trovata, in un senso o nell'altro".

Per accomodare le esigenze di Berlino, una soluzione potrebbe essere quella di far passare il principio, con soglie numeriche orizzontali, ma di entità tale da non risultare dannose. In ogni caso, a palazzo Berlaymont l'Italia guidata da Giorgia Meloni non è considerata affatto "un problema", spiega una fonte Ue. Certo, è un po' come avere "una classe di 27 alunni diversi: ci sono quelli in prima fila, e quelli nell'ultima fila che chiacchierano". Ma, aggiunge, "non è che l'Italia sia in ultima fila: abbiamo solo una classe con 27 alunni diversi". Del resto, "io sono sempre stato in ultima fila, a scuola. E sono qui".

Inoltre, come ha detto il commissario al Mercato Interno Thierry Breton, un Paese può anche essere il primo della classe per salute dei conti pubblici, ma se poi il suo esercito, con una Russia nazionalista e revisionista ad Oriente, a causa dei tagli al bilancio versa in uno stato non ottimale (Berlino ha scorte di munizioni per una guerra di qualche ora o al massimo qualche giorno, ha scritto recentemente Foreign Affairs), allora le graduatorie cambiano. Quindi, come ha detto Breton, "siamo tutti sulla stessa barca" e una soluzione dovrà essere trovata a 27. Possibilmente entro fine anno.

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