A Rimini, all’interno di Ecomondo, il 7-8 novembre prossimo, la 12esima edizione degli Stati Generali della Green Economy. Al centro i vantaggi economici e sociali di decarbonizzazione, circolarità e ripristino degli ecosistemi
La transizione all’economia di domani, una green economy, decarbonizzata, circolare e rigenerativa, è in grado di generare benefici economici superiori ai suoi costi ed è occasione di sviluppo, innovazione e occupazione. La sola decarbonizzazione dell’economia italiana costa 14,7 miliardi di euro l’anno nel periodo 2020-30, ma dà un risparmio diretto di 6,6 miliardi l’anno e muove un indotto che assicura maggior entrate per lo Stato pari a 53 miliardi l’anno: un valore di molto superiore ad una finanziaria. Investire nelle rinnovabili elettriche, arrivando a 123 GW nel 2030 creerebbe 430mila nuovi posti di lavoro, la circolarità nei rifiuti porterebbe 97mila nuovi occupati e un investimento nel ripristino degli ecosistemi di 261 milioni genererebbe un valore aggiunto 10 volte superiore. Sono le stime in termini di costi e benefici della transizione ecologica al centro della 12esima edizione degli Stati Generali della Green Economy che si svolgeranno a Rimini all’interno di Ecomondo il 7-8 novembre prossimo, organizzata dal Consiglio Nazionale della Green Economy, composto da 68 organizzazioni di imprese, in collaborazione con il Mase e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
“La transizione ecologia - afferma Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - pur essendo impegnativa e onerosa, è in grado di generare benefici ben superiori ai costi: ogni euro investito crea un valore positivo in termini economici e sociali. Essa è necessaria non solo per arrestare la crisi climatica ed ecologica, ma è anche un’occasione da non perdere per il rilancio durevole e di qualità di un’economia ormai stagnante come quella italiana. È meglio e più vantaggioso investire per l’economia di domani, invece di frenare il cambiamento”.
La piena attuazione degli obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030 porterebbe ad un risparmio totale di costi energetici e di costi delle emissioni di circa 66 mld di euro con un effetto moltiplicatore sulle attività economiche e sulle entrate del bilancio dello Stato: fra Irpef, imposte dirette e indirette, contributi sociali e altre entrate correnti, si arriverebbe nel decennio a maggiori entrate per lo Stato di ben 529,5 mld di euro cumulate al 2030, a fronte di un investimento aggiuntivo di 147 miliardi.
Non solo, se venisse attuata la piena circolarità economica, il consumo complessivo dei materiali nel 2030 diminuirebbe del 14,5% rispetto al 2020, calerebbe la quantità di rifiuti prodotti (-17 Mt al 2030), aumenterebbe la quantità di rifiuti sottoposti ad attività di riciclo (+18% al 2030), portando il tasso di riciclo nel 2030 all’89,8%.
Infine, avere una economia rigenerativa significa riequilibrare il capitale naturale fortemente danneggiato: l’incremento dell’erosione del suolo (da 11,63 a 11,69 t/ha) ha causato una perdita di circa 17 milioni di euro; le trasformazioni della copertura del suolo hanno ridotto la capacità di regolazione dei regimi idrologici, con perdite stimate fino a 3,8 miliardi di euro; la scomparsa di vegetazione naturale ha provocato un calo di circa 2,5 milioni di tonnellate di carbonio immagazzinato, per una riduzione di benefici economici compresa tra 491 e i 614 milioni di euro. L’Italia, invece, avrebbe benefici di circa 2,4 miliardi di euro dal ripristino degli ecosistemi, sostenendo costi di intervento di risanamento e di tutela per 261 milioni.