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Ciafani (Legambiente): “Basta speculazione politica, il passaggio all’elettrico non può più aspettare”

Il presidente di Legambiente commenta il grave ritardo dell’Italia nella transizione green

Presidente Legambiente Stefano Ciafani
Presidente Legambiente Stefano Ciafani
12 marzo 2024 | 17.25
LETTURA: 8 minuti

“Il governo Meloni avrebbe dovuto fare di più per il trasporto pubblico, considerando che ha deciso di spendere 11 miliardi di euro (9 a carico dello Stato, 2 a carico di Sicilia e Calabria) per realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina, un’opera la cui utilità è assolutamente dubbia, per usare un eufemismo”, queste le prime dichiarazioni del presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani sentito dall’Adnkronos per commentare i risultati del rapporto “Pendolaria 2024 – Speciale aree urbane”.

Dal report emerge il grave ritardo del Belpaese nelle infrastrutture di trasporto sui binari, fondamentali per far diminuire l’uso delle auto private e le emissioni di CO2. Alla base di questo gap con le altre ricchezze europee, gli annosi problemi strutturali e gli investimenti troppo scarsi:

“Mentre si spendono 9 miliardi delle casse dello Stato per il Ponte di Messina – continua Ciafani – si lasciano i soliti problemi agli italiani che usano il trasporto pubblico per spostarsi. Per molti prendere un mezzo pubblico per andare al lavoro è semplicemente impossibile, qual è la conseguenza? Che milioni di italiani usano ogni giorno la propria macchina con inevitabili ricadute sull’ambiente e sulla vivibilità delle città”. Parole che trovano riscontro anche nell’indagine “Better Connected” di Heitachi Rail da cui emerge che solo il 15% dei milanesi usa esclusivamente il trasporto pubblico per andare al lavoro. Il tutto considerando che Milano è la città italiana con il trasporto pubblico più diffuso.

Il rapporto di Legambiente, dal canto suo, evidenzia come la legge di Bilancio 2024 abbia gravemente ridimensionato i contributi statali per una mobilità pubblica e sostenibile, in favore di una scelta che “per noi – conclude Ciafani – è assolutamente incomprensibile: puntare sulla cattedrale nel deserto della mobilità”.

Perché Italia le auto elettriche sono poco vendute?

“Il flop delle auto elettriche è dovuto al fatto che siamo partiti con grandissimo ritardo nell’implementare le infrastrutture lungo la penisola. Un discorso che – specifica il presidente di Legambiente – vale per le colonnine nelle aree pubbliche ma anche in quelle private come garage e altre pertinenze private e condominiali”.

Un problema strutturale che l’Italia sta provando a ridimensionare grazie alle risorse del Pnrr: “Oggi in città, soprattutto nelle città più grandi, le colonnine si vedono in ogni quartiere, compaiono anche sulle autostrade, un po’ meno sulle superstrade anche se – nota il presidente di Legambiente – c’è carenza di queste strutture nei comuni medio-piccoli”.

Incentivi a metà

La mancanza di infrastrutture non è l’unica causa del flop dell’elettrico in Italia secondo Stefano Ciafani: “è mancato un sistema di incentivazione paragonabile a quello di altri Paesi europei, che permetta ai cittadini di poter acquistare l’auto elettrica al posto di quella di quella a combustione interna”. Anche qui la situazione è in leggero miglioramento: “All’attuale governo va riconosciuto che i nuovi incentivi fanno uno sforzo in più rispetto a quelli precedenti. Innanzitutto, sono strutturati in maniera più logica e sono modulati in base al reddito prevedendo un tetto massimo di spesa”, dichiara Ciafani che spiega: “Se tu vuoi l’auto elettrica più costosa o comunque oltre una certa soglia di valore è giusto che te la compri da solo, perché evidentemente ne hai le possibilità”.

La strada degli incentivi soddisfa a metà perché si continua a incentivare, seppure in misura minore, anche l’acquisto di auto ibride e a motore termico: “Questo è un errore, una sciocchezza che impedisce di virare con decisione sulle auto elettriche che sono il futuro”.

Polemiche inutili sull’elettrico

Proprio sul passaggio alle auto elettriche si accende il dibattito “green”. Da una parte c’è chi lo ritiene indispensabile per contrastare il surriscaldamento climatico, dall’altra chi sostiene che in questo modo si consegni alla Cina la produzione delle auto e quindi una grossa fetta dell’economia europea.

Per il presidente Ciafani questo contrasto porta a “fomentare polemiche inutili tirando fuori dati sbagliati o decontestualizzati. A inizio anno si è fatto un gran parlare della diminuzione delle auto elettriche vendute in Italia, ma la realtà era ben diversa. Tutti sapevano che i cittadini stavano aspettando che arrivassero gli incentivi del governo Meloni che sono arrivati e arriveranno tra marzo e aprile, eppure si è preferito montare la polemica e nutrire il complotto contro l’auto elettrica”.

L’elettrico è il futuro

Le divergenze sono esplose dopo il Regolamento europeo che impone lo stop alla produzione di auto a motore termico dal 2035. Anche in questo caso, per il presidente Ciafani la polemica va ridimensionata: “Le principali case automobilistiche mondiali hanno deciso di chiudere le linee produttive dei motori endotermici già dal 2030. Non perché siano ambientaliste, ma perché sanno che il mercato sta andando sulla trazione elettrica. Insomma, bisogna smetterla con tutte queste polemiche contro l'Europa e l’auto elettrica che avrà un ruolo fondamentale nell’abbassare il livello di inquinamento e rendere più vivibili le città”.

C’è stato uno squilibrio tra il clamore mediatico rivolto a bici e monopattini elettrici e l’investimento in infrastrutture, piste ciclabili in primis?

“C’è uno squilibrio oggettivo tra la domanda di micromobilità e le infrastrutture presenti nelle città italiane”, osserva il presidente di Legambiente.

“Tutte quelle norme approvate dopo la pandemia hanno migliorato la situazione, anche realizzando corsie ciclabili e non piste ciclabili. Anche se non separate fisicamente dal resto della strada le corsie ciclabili hanno comunque dato un segnale forte, la cui portata non va sottovalutata: in strada si riduce la larghezza della carreggiata al servizio delle automobili e si aumenta quella dedicata a bici e monopattini”.

Per il presidente di Legambiente anche questi segnali giocano un ruolo importante nel percorso di transizione: “Bisogna creare un percorso di educazione alla mobilità, un grande vulnus del nostro Paese dove chi si muove sulle quattro ruote pensa di essere il padrone della strada e mette a repentaglio la vita di dei soggetti più deboli, che sono chi si muove con le due ruote e chi si muove con le sue due gambe, i pedoni”.

Il dibattito su Città 30

L’educazione stradale è il canale che più di ogni altro può rivoluzionare il modo di concepire gli spazi urbani e diffondere le “Città 30”, fortemente sostenute dal presidente di Legambiente. “La riduzione della velocità in città è fondamentale. Lo sanno bene le amministrazioni di centrosinistra e di centrodestra che hanno già adottato questa rivoluzione”, dichiara Stefano Ciafani che non risparmia una stoccata alla polemica sul progetto di “Bologna Città 30”:

“È stata fatta una grande speculazione politico-partitica contro il comune di Bologna all'inizio di quest'anno. Ma è bene ricordare che il Comune di Olbia, guidato da un sindaco di Forza Italia, e con una giunta di centrodestra, ha realizzato la Città 30 già da un anno e mezzo. Lo stesso dicasi per il comune di Treviso, guidato da un sindaco leghista e con una giunta di centrodestra che già dall’anno scorso è Città 30”.

Casi che esistono da mesi, ma sui quali non è stato sollevato alcun polverone a differenza di quanto avvenuto con il Comune di Bologna, guidato da una giunta e un sindaco di centrosinistra. “Bisogna smetterla con queste speculazioni perché la vita delle persone, la sicurezza delle persone, è molto più importante delle scaramucce partitiche”, chiosa Ciafani.

“Salvini, il padre del Decreto Sicurezza, ostacola la sicurezza nelle città”

A questo punto, il presidente di Legambiente aggiunge: “C’è un aspetto veramente curioso di tutta questa controversia. Matteo Salvini da ministro dell’Interno del primo governo Conte approvò dei decreti sicurezza per noi assolutamente insopportabili contro la supposta ‘minaccia migranti’. Trovo assurdo che oggi lo stesso Salvini stia facendo una campagna per rendere più insicure le strade italiane con la direttiva del ministero dei Trasporti contro l'uso degli Autovelox in città, gli attacchi alle “Città 30” e le modifiche al codice della strada che sono in corso di discussione in Parlamento”.

Stefano Ciafani espone tutta la disapprovazione dell’associazione verso quella che definisce “Una sicurezza a giorni alterni, a fasi politiche alterne, agitata in base alle convenienze politiche del momento. Un metodo che noi non sopportiamo e non condividiamo. C'è una strage silenziosa che miete migliaia di morti ogni anno lungo le strade delle città e dei comuni italiani e va fermata rendendo le strade più sicure. Come lo si fa? Introducendo velocità più basse e sistemi di controlli adeguati”.

Vista l’annosa arretratezza del trasporto pubblico italiano, cosa si può fare per contrastare da subito l’inquinamento atmosferico?

“La risposta non può essere una sola”, chiarisce subito Ciafani. “In Italia in base ai dati dell'Agenzia per l'ambiente ci sono 50.000 morti premature ogni anno per PM 2.5, quindi serve una risposta articolata. C'è il fronte delle emissioni causate dal traffico che va affrontato come visto prima, poi c'è la questione relativa al come rendere meno inquinante il trasporto pubblico se non a impatto zero”.

Oltre il trasporto: revisionare il sistema di riscaldamento

Un altro aspetto evidenziato dal presidente nazionale di Legambiente all’Adnkronos riguarda il riscaldamento degli edifici. “Con il superbonus è stato un grandissimo errore in materia di riscaldamento, ovvero finanziare l'acquisto delle caldaie a gas nonostante fosse già disponibile la tecnologia alternativa delle pompe di calore che rinfrescano e riscaldano gli ambienti utilizzando l’energia elettrica”.

Oltre il trasporto: l’agricoltura e gli allevamenti

I costanti record di temperature registrati sul pianeta lanciano un messaggio chiaro: bisogna intervenire subito e su più fronti per contrastare il surriscaldamento climatico.

“Occorre rivedere l’impatto ambientale generato dall’agricoltura e dall’allevamento” aggiunge Ciafani che spiega: “entrambe le filiere immettono ammoniaca nell’atmosfera. Queste polveri sottili denominate PM secondario inficiano pesantemente sulla salute dell’aria e dei cittadini. Bisogna quindi aiutare le imprese ad acquistare nuovi impianti e ad innovare i sistemi produttivi. Per risolvere il problema ambientale, particolarmente grave nel Nord Italia e nella pianura padana bisogna mettere in campo queste soluzioni tutte insieme”.

Quando? Al più presto possibile, conclude Stefano Ciafani “Perché non possiamo aspettare il 2050. Quando avremo decarbonizzato il nostro Paese non avremo più il problema dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città. Ma – chiosa il presidente di Legambiente – non possiamo aspettare ancora 26 anni mentre ogni anno, a causa dello smog, muoiono prematuramente 50.000 persone”.

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