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Dai diamanti non nasce niente, dai mozziconi nasce il biocarburante?

Solo in Italia 14 miliardi di mozziconi all’anno non vengono smaltiti correttamente. Ora potrebbero diventare energia

Pompa  benzina su sfondo prato - Canva
Pompa benzina su sfondo prato - Canva
19 gennaio 2024 | 14.33
LETTURA: 8 minuti

I mozziconi delle sigarette sono tra i rifiuti più diffusi e inquinanti per la presenza di sostanze tossiche e plastica non biodegradabile. Eppure, potrebbero diventare alleati dell’ambiente grazie a degli studi recenti che li utilizzano per produrre terriccio per piante e biocarburante, una fonte di energia rinnovabile e sostenibile che finora ha sollevato alcune perplessità dell’Ue.

Considerano che ogni anno viene sparsa nel mondo una quantità di mozziconi di oltre un milione di tonnellate, questi studi potrebbero innescare un importante meccanismo di economia circolare.

Il progetto Focus di Capannori

Uno degli studi più recenti e innovativi sul riciclo dei mozziconi delle sigarette per produrre biocarburante è il progetto Focus (Filter of Cigarettes reUse Safely), nato a Capannori, in provincia di Lucca, nel 2020.

Il progetto è promosso dal Centro Interdipartimentale “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa, ed è sviluppato in collaborazione con il Comune di Capannori, l’Istituto sugli ecosistemi terrestri del Cnr, il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari E Agro-ambientali e Ascit, l’azienda che gestisce i servizi di igiene urbana nell’area lucchese.

Focus prevede di raccogliere i mozziconi delle sigarette da vari luoghi pubblici, come parchi, strade e piazze, e di sottoporli a due possibili utilizzi:

- trasformare i mozziconi delle sigarette in un substrato inerte, cioè una base biodegradabile per la coltivazione di piante ornamentali e arbusti.

Per fare questo, i mozziconi delle sigarette vengono separati dalle parti organiche, come il tabacco e la carta, e poi trattati chimicamente per renderli adatti alla crescita delle piante. Il substrato ottenuto viene poi usato per la coltivazione idroponica, una tecnica che non richiede il suolo, ma solo acqua e soluzioni nutritive. In questo modo, si possono ottenere piante autoctone da usare in spazi verdi pubblici o privati, contribuendo al miglioramento del paesaggio e della biodiversità;

- trasformare i mozziconi delle sigarette in biocarburante, attraverso l’uso di microalghe, organismi vegetali, in grado di produrre biomassa e olio a partire dalla luce solare, dall’anidride carbonica e dall’acqua.

Come spiega il coordinatore del progetto Lorenzo Guglielminetti, le microalghe vengono coltivate in appositi reattori, dove vengono alimentate con i mozziconi delle sigarette. Così questi organismi vegetali riescono ad abbattere le sostanze tossiche presenti nei mozziconi, producendo al contempo biomassa algale che può poi essere trasformata in biocarburante attraverso processi di estrazione e raffinazione. Il biocarburante ottenuto può essere usato per alimentare motori a combustione interna, riducendo le emissioni di gas serra e la dipendenza dai combustibili fossili.

L’approccio circolare allo smaltimento dei mozziconi può anche sensibilizzare i cittadini sui danni di questo tipo di rifiuto, in un percorso a tappe promosso dall’amministrazione di Capannori e dal sindaco, Luca Menesini, che ha anche deciso di aderire alla campagna nazionale “No mozziconi a terra” lanciata da Striscia la notizia.

La startup Re-cig

In Italia, quello di Capannori non è l’unico studio che mira a riutilizzare i mozziconi di sigaretta.

A Rovereto, in provincia di Trento, c’è la startup “Re-cig”: un’azienda autorizzata in Italia e in Europa per raccogliere mozziconi di sigaretta con colonnine di raccolta capaci di contenere fino a 1500 mozziconi, gli “smoker point”.

Come spiega economiacircolare.com, i filtri vengono quindi inviati in un impianto per ricavarne l’acetato di cellulosa, un materiale che può essere impiegato per realizzare varie tipologie di prodotti plastici. “Il materiale rigenerato è atossico e l’operazione ha un impatto ambientale ridotto del 50% rispetto agli altri inceneritori”, spiegano dall’azienda.

I dubbi dell’Ue sul biocarburante

I biocarburanti si dividono in tre categorie, a seconda della materia prima di provenienza:

- biocarburanti da colture alimentari e foraggere (la cosiddetta prima generazione);

- quelli derivanti da rifiuti, residui e prodotti derivati (la seconda generazione);

- quelli derivanti da oli da cucina e grassi animali (la terza generazione).

Nonostante i dubbi e i proclami, pochi sono stati i passi in avanti per andare oltre la prima generazione. I recenti studi, però, possono aprire una nuova frontiera sui biocarburanti che, dopo il grande entusiasmo iniziale, hanno subito una pesante battuta d’arresto dall’Ue.

Con una dettagliata relazione di 66 pagine, il 13 dicembre scorso la Corte dei Conti europea ha bocciato quasi del tutto i biocarburanti come già fatto nel 2016.

Ma andiamo con ordine. Per il periodo 2014-2020, sono stati assegnati circa 430 milioni di euro di fondi europei a progetti di ricerca e alla promozione dei biocarburanti. Poi, però, sono emersi i primi dubbi su questi combustibili e anche le scelte dell’Ue sono cambiate.

Nell’ultimo biennio, l’Unione ha aumentato il pressing sulle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto, in coerenza con il pacchetto Fit fot 55 che mira a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030. Il che è un ostacolo anche per i biocarburanti che, nonostante le aspettative, si sono dimostrati molto impattanti anche sul fronte delle emissioni.

“I benefici dei biocarburanti sull’ambiente sono spesso sovrastimati” scrive chiaramente la Corte dei Conti Ue nella propria relazione. I danni (inizialmente) nascosti di questa tecnologia sono diversi, “ad esempio – scrive ancora la Corte - i biocarburanti derivanti da materie prime che richiedono terreni coltivabili (e quindi potenzialmente implicanti deforestazione) potrebbero incidere negativamente su biodiversità, suolo e acqua. Questa situazione suscita inevitabilmente questioni etiche riguardanti l’ordine di priorità tra beni alimentari e carburanti”.

Inoltre, per quanto riguarda le colture alimentari e foraggere usate per i biocarburanti di prima generazione, la Commissione non ha una panoramica completa delle superfici agricole usate per queste colture sul territorio europeo. Questo impedisce di valutare l’impatto dei biocarburanti derivanti da colture alimentari sulla disponibilità di beni alimentari e solleva ulteriori dubbi.

Le criticità rilevate dalla Corte si muovono su due fronti:

- l’assenza di una prospettiva a lungo termine; i problemi di sostenibilità ambientale;

- la corsa all’accaparramento delle biomasse e ai costi elevati della filiera, che rendono i biocarburanti poco sostenibili anche da un punto di vista economico.

I biocarburanti nell’aviazione: i Saf

Tuttavia, i biocarburanti restano la migliore soluzione per ridurre le emissioni nell’aviazione, un settore dove l’elettrificazione incontra molti ostacoli. In un rapporto molto dettagliato sul tema, Cassa Depositi e Prestiti presenta i Saf (Sustainable Aviation Fuel) come l’unica tecnologia disponibile per promuovere voli a emissioni prossime allo zero entro il 2050 e l’unica risposta percorribile per i voli a lungo raggio.

Si tratta di carburanti che derivano da scarti di produzione, olii esausti e derivati vegetali, in grado di contribuire per quasi 2/3 all’obiettivo grazie alla riduzione delle emissioni di CO2 fino all’80% rispetto ai combustibili tradizionali. Una caratteristica fondamentale dei Saf è che, a differenza di altre soluzioni, sono una soluzione “drop-in”, ovvero utilizzabile senza apportare alcuna modifica all’aeromobile.

La nuova normativa ReFuelEU Aviation, adottata nel 2023 ha fissato il livello richiesto di carburanti sostenibili per l’aviazione (Saf) – inclusi i biocarburanti – al 6% per il 2030, cioè a circa 2,76 milioni di tonnellate di petrolio equivalente. Al momento, però, la capacità di produzione potenziale nell’Ue raggiunge a malapena un decimo di quella cifra. La produzione dei Saf è ancora limitata (solo lo 0,1% dei combustibili totali), ma negli ultimi si sta registrando una forte accelerazione: solo nel 2022, la produzione dei carburanti sostenibili per l’aviazione è triplicata rispetto all’anno precedente.

Inoltre, uno studio lituano potrebbe dare importanti risposte sui principali dubbi sollevati dalla Corte dei Conti Ue: l’insostenibilità ambientale e quella economica.

Lo studio lituano e la possibile svolta

Fin qui si è visto come i biocarburanti rappresentino un’alternativa più pulita del petrolio, con un tempo di biodegradazione fino a quattro volte inferiore e non tossica. I costi ambientali ed economici hanno frenato l’entusiasmo su questa soluzione. Entrambi i problemi, però, possono essere risolti usando la triacetina come additivo secondo gli studi fatti dal Lithuanian Energy Institute.

Questa sostanza viene prodotta artificialmente, richiede l’impiego di molte sostanze chimiche e il processo genera rifiuti e residui tossici.

Qui entrano in gioco i filtri, o mozziconi, delle sigarette.

“La triacetina è utilizzata come plastificante nel filtro delle sigarette, quindi i mozziconi ne sono ricchi”, spiega Samy Yousef, ricercatore capo presso la facoltà di Tecnologia dell’Università di Kaunas. Se si riuscisse ad estrarla, spiega economiacircolare.com, i filtri diventerebbero una fonte di triacetina a basso costo, senza doverla produrre nuovamente. In un colpo solo si abbatterebbe il problema economico e quello ambientale.

Riflessioni conclusive

Ogni anno i fumatori di tutto il mondo acquistano circa 6.500 miliardi di sigarette. Considerando che il peso medio di un mozzicone di sigaretta è di 0,2 grammi e che ogni anno vengono prodotte più di un milione di tonnellate di sigarette. Secondo le stime di MareVivo, ogni anno 4.500 miliardi di mozziconi di sigaretta non vengono smaltiti correttamente (solo in Italia 14 miliardi) generando circa 770 milioni di chili di rifiuti tossici.

Nonostante il parziale fallimento registrato finora dai biocarburanti, ci sono nuove speranze su questa tecnologia.

Soprattutto perché finora ci si è concentrati sulla pirolisi del filtro, un processo che richiede un pre-trattamento del mozzicone per separare i filtri dagli altri componenti (tabacco residuo e carta). Dato che si tratta di un rifiuto tossico, questa procedura ha costi economici elevati.

Nei loro esperimenti, invece, i ricercatori lituani hanno trattato i mozziconi nel loro insieme riuscendo a convertire i mozziconi in carbone, gas e olio che è ricco di triacetina, dopo un trattamento di pirolisi a 750 °C.

Non solo. In questo modo si riesce a dare nuova vita anche agli altri componenti del mozzicone: grazie alla sua struttura porosa e ricca di calcio, il carbone estratto è adatto alla produzione di fertilizzanti, al trattamento delle acque reflue come assorbente e per l’accumulo di energia, mentre i prodotti gassosi generati nel processo possono essere utilizzati per produrre elettricità e alimentare gli impianti di conversione che generano vapore e acqua calda.

La strada per risolvere le tante criticità dei biocarburanti e, al tempo stesso, togliere milioni di mozziconi dall’ambiente è tracciata. Ora conviene investire nella ricerca.

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