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I 2,2 mld per le comunità energetiche del Pnrr rischiano di andare in fumo

È l’allarme lanciato nel corso del convegno dal titolo 'Comunità Energetiche: perché crederci e accelerare', che si è tenuto alla Camera dei Deputati

(Fotolia)
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24 febbraio 2023 | 11.41
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La Comunità Energetica rinnovabile è un’opportunità a cui non si può e non si deve rinunciare. Permetterà a famiglie, imprese ed enti locali di essere autosufficienti nel condividere energia pulita a basso costo, consentendo di scavalcare una carenza che rischia in futuro di mettere in ginocchio i comuni con meno di 5mila abitanti. Ma se non ci si muove rapidamente i 2,2 miliardi del Pnrr, concessi all’Italia dalla Commissione Europea per i comuni sotto i 5mila abitanti, rischiano di restare inutilizzati. È questo l’allarme lanciato nel corso del convegno dal titolo 'Comunità Energetiche: perché crederci e accelerare', che si è tenuto alla Camera dei Deputati, dove sono intervenuti l’onorevole Roberto Pella, vicepresidente nazionale Anci, Fausto Faggioli, presidente Earth Academy, Andrea Prato, direttore generale Albatros, Luigi Angelini, amministratore delegato Mediatip, Ivan Stomeo, presidente Fondazione Futurae e Gianluca Santilli, presidente Osservatorio Bike Economy.

L’iniziativa, promossa da Earth Academy, è nata allo scopo di descrivere al legislatore le barriere fisiche e burocratiche che si frappongono alla nascita delle Comunità Energetiche rinnovabili. "Allo stato, nonostante lo sforzo normativo e finanziario del Governo - sottolinea Andrea Prato, direttore generale di Albatros, una rete di professionisti che opera a supporto della pubblica amministrazione italiana- le Comunità Energetiche rischiano di 'morire in culla' se non verrà prevista nel decreto attuativo di imminente pubblicazione la rimozione delle inaccettabili liste di attesa per l’allaccio degli impianti alla rete nazionale di E-Distribuzione".

Queste Comunità, secondo Luigi Angelini, amministratore delegato Mediatip, sono l'occasione di ripensare l'economia dei territori e introdurre in un solo colpo digitalizzazione, economia circolare e coesione territoriale. "Possiamo e dobbiamo pensare – spiega Angelini - a modelli in cui le risorse prodotte su un territorio finiscano primariamente sul commercio locale e questo si può fare coinvolgendo il Comune e le grandi imprese, che già hanno risorse a disposizione e digitalizzando tutto il commercio del territorio". Ne è prova la fondazione Futurae onlus, rappresentata dal presidente Ivan Stomeo, che a Melpignano (Lecce) ha creato una comunità energetica di 30 famiglie con gli utili a beneficio della collettività.

Del resto in paesi come la Germania e il Portogallo le Comunità Energetiche sono una realtà consolidata e consentono a chi produce energia di cedere quella in eccesso. Per Fausto Faggioli, presidente Earth Academy, sono anche un’occasione da non perdere per combattere lo spopolamento e rilanciare i piccoli comuni considerando che il 70 per cento è sotto i 5 mila abitanti. L’energia permetterebbe la nascita di insediamenti produttivi che porterebbero nuovi servizi, invogliando chi abita oggi nelle periferie degradate a trasferirsi in questi piccoli centri.

Ma in Italia questo processo deve subire un’accelerazione, avendo la nostra nazione sottoscritto Agenda 2030 che impone, tra le numerose prescrizioni, di ridurre entro il 2030 il 55 per cento dei gas clima alteranti rispetto alle emissioni del 1990. In vista di questo traguardo, ora più che mai, bisogna puntare sulle energie rinnovabili da produrre in loco e non solamente per abbattere il costo delle bollette e ridurre le emissioni dannose per l’ambiente.

Ci sono una serie di problemi nella fase attuativa che devono essere superati. E rapidamente. "I tempi d’attesa per allacciare gli impianti di produzione di energia rinnovabile in Italia possono giungere anche a 600 giorni - spiega ancora Andrea Prato. E questo è solo l’ultimo passo – continua Prato - di un iter abbastanza lungo, che prevede una serie infinita di atti pubblici e autorizzazioni. Le lungaggini per l’allaccio, a questo punto, rischiano di inficiare il processo, perché si scavallano i limiti temporali per accedere al finanziamento del Pnrr".

Questi fondi, infatti, devono essere spesi in parte entro il 30 giugno 2025 ma soprattutto, devono essere ultimati e rendicontati entro il 30 giugno 2026. Altrimenti il denaro resterà inutilizzato. Uno spreco che l’Italia e gli italiani, che fanno i conti quotidianamente con il caro bollette, non possono permettersi.

Il Governo in carica si è dimostrato sensibile sul tema, come dimostra la delibera Arera arrivata il 27 dicembre, con oltre un anno di ritardo, ad appena due mesi dall’insediamento dell’esecutivo, rendendo realtà il decreto legislativo 199 dell’8 novembre 2021 che recepisce la direttiva (Ue Red II) sulla promozione dell’uso dell'energia da fonti rinnovabili.

"Ora chiediamo un ulteriore passo nella direzione della semplificazione al Governo Meloni – conclude l’onorevole Roberto Pella, vicepresidente vicario Anci - ovvero di sciogliere questi nodi, inserendo nel decreto attuativo una modalità più snella ed efficace per l’allaccio di impianti in uso a famiglie, enti pubblici e piccole e medie imprese, rispetto agli impianti di grandi operatori del settore. I piccoli comuni italiani amministrano il 70% della superficie del Paese che ha l’opportunità, oggi, finalmente, di diventare autosufficiente dal punto di vista energetico e sostenibile dal punto di vista ambientale".

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