Il presidente della Confederazione: "Dopo il Covid è tsunami per imprese, serve piano concreto di aiuti e risorse"
Per il caro energia e la corsa dei prezzi "rischiamo la paralisi. Le micro e piccole imprese sono al collasso. Così come i professionisti, hanno superato la soglia di tolleranza, non sono in grado di sostenere sacrifici ulteriori. Continuiamo a raccogliere rabbia e timori assolutamente fondati. Nessuno vuole sminuire la situazione internazionale e tutti sono ben consci che stiamo vivendo una contingenza senza precedenti, ma non si possono lasciare decine di migliaia di realtà in balia degli eventi, senza strutturare un piano concreto di aiuti e risorse". E' l'allarme che lancia, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Mino Dinoi, presidente di Aepi, la Confederazione che mette insieme associazioni datoriali e professionali.
"Non si può ragionare -spiega Dinoi- con interventi spot, né pensare a tempi lunghi nell’adozione di provvedimenti. La parola d’ordine è: “subito” perché, domani, può già essere tardi. Rischiamo un collasso senza precedenti del mondo produttivo. La tenuta del sistema ci preoccupa fortemente".
La situazione è drammatica, rimarca Dinoi. "Non dimentichiamo che, come purtroppo accade spesso, questa situazione si riversa soprattutto sulle realtà in regola che, d’improvviso, rischiano di essere fuori mercato dal momento che devono sostenere costi in bolletta e di gestione a cui non possono far fronte. Dietro a un’impresa o a una partita iva che chiude ci sono tantissime famiglie. Il danno è doppio: il caro bollette arriva come impresa e come famiglie. Siamo alla vigilia di un disastro economico e sociale del Paese. Le famiglie/imprese vengono dilaniate due volte", aggiunge.
Rischio di un boom di fallimenti tra le imprese per il caro energia? "Siamo ben oltre il rischio. Siamo già nella fase -sottolinea amaro Dinoi- della conta dei morti. Non dimentichiamo che imprese e professionisti sono reduci dall’emergenza pandemica. Già in quell’occasione, tantissime saracinesche sono rimaste abbassate. Per sempre. Gli aiuti non sono stati sufficienti e comunque tardivi. Non tutti hanno retto e, molti, hanno dovuto chiudere. Chi ha resistito si trova adesso ad affrontare un nuovo tsunami, senza essersi ancora risollevato dai danni e dai debiti degli anni precedenti. Quindi la parola fallimento, purtroppo, aleggia in tanti corridoi di aziende e attività individuali", ribadisce.
"Continuiamo a distinguerci, nostro malgrado, come il Paese -spiega Dinoi- che prima fa esplodere i problemi e dopo si chiede come risolverli. Non siamo mai in grado di prevenire, nonostante i ripetuti segnali di allarme degli analisti. Ci chiediamo se saremo mai in grado di avere una programmazione seria o dobbiamo continuare a vivere alla giornata. Con una perenne rincorsa. Solo che adesso non c’è più niente da rincorrere perché siamo al default del nostro Paese", continua.
E per il presidente di Aepi non si può aspettare l'esito delle elezioni e la formazione di un nuovo governo. Occorre agire subito. Contro il caro energia il governo "deve trovare le risorse e stanziarle immediatamente. Serve liquidità. Sappiamo che il governo sta lavorando per nuovi aiuti a imprese e famiglie, soprattutto per fronteggiare il caro energia. Non vorremmo però che ci si concentri troppo sulla campagna elettorale e si dimentichi il vero motore del Paese. Considerando anche che il Parlamento è ancora nelle sue funzioni. Ben vengano la proroga del taglio delle accise sui carburanti e il rafforzamento del credito d’imposta sui maggiori costi delle bollette, ma diciamo no al pacchetto di cassa integrazione: lasciare i lavoratori a casa usufruendo di un sostegno statale è sicuramente un risparmio, ma allo stesso tempo una paralisi per le aziende", sottolinea Dinoi.
Secondo il leader della Confederazione, "serve liquidità per mantenere in piedi la produzione e dare qualche speranza. Anche sulle bollette, la soluzione non può essere rateizzare: se non ci sono soldi, le entrate sono ferme e i costi aumentano, non è che tra qualche mese cambierà molto. Le micro imprese chiudono perché sono spesso familiari e bisogna che lo Stato adesso ci metta soldi liquidi, come sta accadendo altrove. Ad esempio la Francia ha acquistato un tetto minimo sul rincaro delle bollette, stabilendo che, dopo un certo importo in bolletta, il surplus lo paga lo Stato", continua.
"Per fare un altro esempio molto concreto, i costi del gas- che superano i ricavi- stanno paralizzando le cartiere italiane: dal 15 ottobre rischiamo che non possano più produrre. Il rischio è che, da qui a poco, nei supermercati ci ritroveremo carta non italiana e proveniente da altri mercati. Questo vale per imballaggi, mondo editoriale e sanitario, ma anche per altri beni quotidiani", continua allarmato Dinoi.
Il mondo delle imprese e dei professionisti chiede un salto di qualità alla politica, per affrontare concretamente i problemi delle aziende. "Da presidente di una confederazione che rappresenta oltre 500mila imprese e 15mila professionisti intersettoriali, mi pongo una domanda: come mai ad esempio la Grecia è riuscita a ripianare il debito con la Germania e l’Europa e noi invece continuiamo a indebitarci? Siamo tra le nazioni a rischio maggiore, soprattutto in Europa. È evidente -continua Dinoi- che in queste condizioni è difficile immaginare opportunità di sviluppo e di ripresa e ribadiamo che il Pnrr vada rinegoziato. Occorre che la nostra classe dirigente, finalmente, faccia un salto di qualità. È quello che chiediamo in questa campagna elettorale: indipendentemente da chi vincerà, auspichiamo si apra una nuova stagione. Anche perché l’autunno si preannuncia buio, con difficoltà economiche e- di conseguenza- anche sociali", conclude Dinoi.