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Pensioni: Cida, gli allarmi ingiustificati fanno male al paese

Giorgio Ambrogioni
Giorgio Ambrogioni
05 dicembre 2017 | 14.54
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"Non c’è pace per le pensioni: a giorni alterni si susseguono allarmi sulla spesa previdenziale o sull’incerto futuro di chi in pensione deve andare. Così si crea ansia fra lavoratori e pensionati, si innesca un potenziale conflitto generazionale e si contribuisce a dare l’immagine di un Paese confuso e disorientato”. E’ quanto afferma Giorgio Ambrogioni, presidente di Cida, la confederazione dei dirigenti ed alte professionalità del pubblico e del privato.

“Ieri era la Commissione Europea a lamentare una voragine di 88 mld -sottolinea Ambrogioni- oggi è la volta dell’Ocse che disegna un’Italia in cui si va in pensione ancora troppo presto grazie a leggi e leggine compiacenti e ad avvisarci che per i giovani – una volta trovato il lavoro - il traguardo pensionistico si colloca oltre i 70 anni".

“Siamo abituati alle ‘docce fredde’ sulle pensioni propinateci da centri studi, italiani e non, o da presunti esperti del settore. Così come siamo assuefatti al coro di commenti seriosi e preoccupati che arriveranno da ambienti politici e governativi. Ma resta il fatto che le cifre su cui si sta ragionando sono sempre le stesse: ovvero, in Italia, quando si parla di spesa previdenziale non si distingue fra assistenza e previdenza", avverte il presidente della Cida.

"In questo modo l’Istat comunica a Eurostat e poi all’Ocse e al Fmi -spiega Ambrogioni- che la nostra spesa per le pensioni è pari al 18,5% del Pil, mentre quella della media dei Paesi Ue a 27 è del 14,7%. Ma gli altri Paesi non mettono insieme la previdenza e le diverse funzioni dell'assistenza, voci che gli uffici statistici italiani non specificano nelle comunicazioni all'Ue. Sono i conti dell'assistenza ad essere fuori controllo, non quelli della previdenza. Se si leggono bene i dati, nel 2016 il disavanzo tra contributi e previdenza è di -21 miliardi, all'interno dei quali sono ben 19 i miliardi spesi in assistenza, di cui 10 miliardi per l'integrazione al salario minimo e 9 miliardi di maggiorazione per dipendenti pubblici".

“E come è accaduto con i dati Eurostat, e ora con l’Ocse -avverte Ambrogioni-, il vero rischio è che i soliti titoli allarmistici sulla stampa nazionale producano l’effetto indesiderato di destabilizzare l’opinione pubblica, contrapponendo classi e ceti sociali e finendo per fare del male al Paese. Cida si batte da anni per una sana politica previdenziale che non può che basarsi, da un lato, sul rispetto dei diritti acquisiti e, dall’altro, sull’introduzione di dosi massicce di politiche attive dell’occupazione per dare nuova linfa al mercato del lavoro e rinvigorire la fiducia dei nostri giovani. Anche l’impegno dei nostri pensionati come ‘tutor’ all’interno dei percorsi tracciati dall’alternanza scuola-lavoro, dimostra che le generazioni non vanno divise né, tantomeno, contrapposte. Oggi vi sono aziende in cui operano quattro generazioni ed è un arricchimento reciproco che merita rispetto e un qualche approfondimento".

"L’imminente appuntamento elettorale dovrebbe essere interpretato come un grande cantiere dove impegnarsi per trovare soluzioni innovative a problemi complessi; problemi che richiedono di difendere il potere d'acquisto, evitare la demagogia, promuovere l'avvento di una nuova cultura del welfare e del lavoro, elaborare una visione diversa dei seniores, per costruire il futuro della previdenza pensando ai giovani e non solo ai pensionati”, conclude Ambrogioni.

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