Non sembra destinato a spegnersi il dibattito sui conti della cosiddetta 'quota 100'. Dopo le affermazioni del presidente dell'Inps, Tito Boeri, che ha contestato le stime inserite in manovra sui costi della riforma, che stanziano sostanzialmente la stessa cifra per il 2019 (6,7 miliardi) e il 2020 (sette miliardi), a fronte di "un forte incremento della spesa nei primi anni della misura", oggi interviene Alberto Brambilla, che in un'intervista al 'Corriere della Sera' avanza anche alcune proposte per mettere "paletti per limitare la spesa" relativa alla misura che dovrebbe cambiare le regole Fornero.
Tra questi paletti, Brambilla indica il ricalcolo contributivo per chi sceglie 'quota 100', con una riduzione media del 10% circa dell'assegno, il limite di due o tre anni ai contributi figurativi, senza toccare quelli per maternità e servizio militare, e l'attivazione dei fondi di solidarietà e fondi esubero, come già accade oggi per banche e assicurazioni, misura che non costerebbe nulla allo Stato.
"Alberto Brambilla -commenta con Labitalia Giuliano Cazzola, docente di Diritto del lavoro presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli studi eCampus ed esperto di previdenza- è certamente una persona che conosce i problemi e le questioni previdenziali. Le sue proposte sono ragionevoli e probabilmente anche sostenibili. Resta solo da chiedersi fino a che punto queste proposte siano condivise dai due vicepresidenti e da quanti hanno continuato a credere nelle loro sparate di carattere elettorale".
"Con la stima che ho per Brambilla -prosegue Cazzola- mi permetto di dire che le sue proposte tendono a salvare la 'capra' del contratto di governo e i 'cavoli' dei conti pubblici, ma che anche lui sia convinto che sarebbe meglio lasciare le cose come stanno ora".
"Anche perché Brambilla -spiega l'esperto di previdenza- ha l’onestà intellettuale di ammettere che gli stanziamenti nella legge di bilancio non basterebbero a finanziare una soluzione 'quota 100'’ priva di correttivi. Ed è da apprezzare la correttezza nei confronti di Tito Boeri". Cazzola, dunque, legge nelle parole di Brambilla l'ammissione che i soldi stanziati in manovra per mandare in pensione i lavoratori di 62 anni con 38 anni di contributi, non bastino.
Riguardo a Boeri, aggiunge Cazzola, "questa volta è difficilmente contestabile (ammesso e non concesso che lo sia stato finora), perché si è limitato a spiegare a un’opinione pubblica sobillata e disorientata che 'il re è nudo'; ovvero che nel disegno di legge di bilancio all’esame della Camera, a parte uno stanziamento di 6,7 miliardi per il 2019 e di 7 miliardi dal 2020, allocato in un apposito fondo destinato alle pensioni, non vi è uno straccio di norma in grado di indicare quali saranno i requisiti per avvalersi del pensionamento anticipato".
In sostanza, avverte Cazzola, "la famigerata 'quota 100' viene tuttora tramandata, come i poemi antichi, per 'tradizione orale'". "In tale contesto, chiunque mastichi un po’ di diritto - prosegue - non può che trarre una conclusione: la contro-riforma pensionistica dovrà essere attuata con un altro provvedimento, sia esso un disegno di legge collegato (il quale non si avvale del contingentamento riservato alla sessione di bilancio) o un decreto legge successivo all’approvazione della manovra, sempre che gli sia riconosciuto il carattere di urgenza".
Inoltre, Cazzola sottolinea una questione importante sollevata da Boeri: "Si può condizionare il riconoscimento di un diritto soggettivo -chiede- all’interno di un limite di spesa? Si accontenta chi arriva prima fino a quando le risorse non sono finite? Boeri ammette che tali strumenti di gestione finanziaria sono stati previsti in altre occasioni, ma si trattava però di piccoli gruppi di persone interessate".
"Diventerebbe, insomma, molto complesso applicare questo metodo in un’operazione che coinvolge centinaia di migliaia di persone", conclude Cazzola.