Il presidente: "Siamo pronti anche a formare eventuali persone già presenti in Italia e in attesa di regolarizzazione"
"La proposta delle agenzie per il lavoro per un’immigrazione positiva e risolutiva prevede la formazione all’estero e facilitazioni per un inserimento in Italia di cittadini extracomunitari formati. Siamo pronti anche a formare eventuali persone già presenti in Italia e in attesa di regolarizzazione. Con queste premesse, noi di Assosomm saremmo pronti ad assumere circa 80.000 migranti in tre anni, pari cioè alle esigenze dei nostri clienti". Lo dichiara Rosario Rasizza, presidente di Assosomm, l’Associazione italiana delle agenzie per il lavoro. Recentemente, i ministeri del Lavoro, dell’Interno e dell’Agricoltura hanno preso importanti decisioni su quanti lavoratori stranieri potranno entrare in Italia. Il Governo Meloni ha autorizzato per il 2023 l’ingresso nel nostro Paese di 82.705 lavoratori migranti extracomunitari. Più dell’anno scorso e oltre il doppio rispetto al periodo pre-pandemia.
Non è sempre stato così, se pensiamo che, in passato, il numero di persone ammesse era di circa 30mila. Ma ci sono anche stati anni, come il 2006, in cui gli ingressi consentiti erano circa 150mila. L'occupazione extracomunitaria ha dunque ricevuto un impulso che Assosomm valuta positivamente, si pensi soltanto al punto di vista fiscale, dal momento che il lavoro regolare porta, di fatto, a maggiori entrate per lo Stato. L’importanza di una buona politica immigratoria è del resto evidente dall’analisi della correlazione tra permanenza irregolare e criminalità e non sempre la misura delle sanatorie per le regolarizzazioni di chi oggi risiede in Italia senza le carte a posto può essere la via maestra per gestire in modo corretto la forza lavoro del nostro Paese. Occorre dunque pensarci prima, in modo strategico, e non correre ai ripari sanando situazioni critiche.
Sono scenari con i quali le agenzie per il lavoro si confrontano costantemente se pensiamo alla straordinaria quantità di ore investite dalle oltre 2500 filiali impegnate nella gestione amministrativa del personale straniero attivato in somministrazione, a volte un vero e proprio slalom burocratico. Si parla molto spesso della necessità, per le imprese, di essere attrattive per i propri potenziali candidati. In pochi si rendono conto, tuttavia, che il discorso vale ancor più l’Italia intera. Del resto, al di là delle ideologie, l’Italia non ha saputo essere molto attrattiva per il fenomeno migratorio. Ma facciamo due conti. La popolazione straniera in Italia si attesta oggi intorno ai 5 milioni. A questi, va poi aggiunto 1 milione di persone che negli ultimi 10 anni ha acquisito la cittadinanza italiana e che, nelle statistiche, non vengono conteggiati come residenti stranieri. La percentuale di popolazione straniera, nel nostro Paese, non è all'8,5%, ma è ben più alta.
Nelle professioni meno qualificate si riscontrano 3 lavoratori stranieri su 10 italiani, ma il rapporto è destinato a invertirsi per effetto della crescente scolarizzazione della popolazione italiana. Un fatto che porta naturalmente a vedere sempre meno Italiani a svolgere professioni quali ambulanti, addetti alle pulizie industriali o domestici, badanti, raccoglitori e braccianti agricoli. Gli italiani stanno dunque usando maggiormente l’ascensore sociale? La risposta è sì, nonostante il dibattito mediatico sia spesso spostato sui temi spinosi della disoccupazione e dell’accesso a misure di sostegno quali il reddito di cittadinanza. Ma le cose sono più complicate di quanto non possa apparire e la motivazione è scritta in modo lampante nelle proiezioni Istat sui tassi di natalità.
In Italia abbiamo drammaticamente bisogno di manodopera non facilmente reperibile nell’attuale mercato del lavoro, anche perché la generazione del cosiddetto Baby boom, di chi cioè è nato dal 1945 al 1964, sta entrando nell’età pensionabile con conseguente diminuzione della popolazione attiva, questa dovuta anche al calo demografico, che porterà, nel 2050, ad avere un pensionato per ogni lavoratore. Del resto, è dal 1977 che il tasso di fecondità (il numero di figli per donna) non consente il necessario ricambio generazionale: questo significa che intervenire sulla natalità, anche quanto fatto nel modo migliore, non basta se non supportato da concrete e convincenti politiche a favore della famiglia che comunque hanno tempi di realizzazione di medio periodo. Occorre pertanto ragionare su politiche utili ad avere più popolazione attiva disponibile fin da subito. Il decreto flussi 2023 va in questa direzione anche se in modo parziale: interessante è infatti la quota dei formati all’estero, che è stata innalzata rispetto al 2022, con 1.000 ingressi. Per questa ragione, le agenzie per il lavoro potrebbero rappresentare una risorsa strategica attivando percorsi di lingua italiana e di formazione professionale qualificata e specializzata nei Paesi di origine dei lavoratori interessati a venire a lavorare in Italia. Si attiverebbero così delle politiche attive pre partenza per avere profili formati e adeguati alle esigenze del mercato italiano, in tempi relativamente brevi.
L’obiettivo di questa proattività da parte delle agenzie per il lavoro, per la quale potrebbe essere auspicabile un più serrato confronto con le Istituzioni, sarebbe anche quello di supportare e facilitare l’inserimento in Italia di cittadini extracomunitari, agevolando i necessari passaggi burocratici e favorendo flussi regolari e di qualità di lavoratori immigrati. Le agenzie potrebbero essere dei facilitatori per l’ingresso di lavoratori formati e pronti al lavoro mediante la creazione di canali realizzati ad hoc con la stretta collaborazione degli organi competenti nelle politiche migratorie, soprattutto in considerazione dell’ultimo DM del 10 marzo 2023 sulla programmazione delle politiche migratorie e relative semplificazioni.