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Sud, L'esperto: "Bene aumento fondi Zes ma non bastano, sottovalutazione fabbisogni imprese"

Ivo Allegro: "Il tasso di agevolazione ancora così ridotto probabilmente genererà un gigantesco effetto di spiazzamento degli investimenti preventivati"

Ivo Allegro ceo e founder di Iniziativa
Ivo Allegro ceo e founder di Iniziativa
08 agosto 2024 | 12.50
LETTURA: 4 minuti

“I dati della politica della Zes unica varata nel settembre 2023 a livello centrale evidenziano un quadro in chiaro-scuro, probabilmente frutto della sottovalutazione della vitalità del Mezzogiorno e del fabbisogno di investimenti delle sue imprese. Difatti, le prenotazioni pervenute per 9,45 miliardi di euro di agevolazioni (con investimenti stimabili in almeno il doppio) sono risultate largamente superiori alle risorse disponibili di 1,67 miliardi dispiegate fino a ieri dal governo, generando un riparto dell’intensità massima delle agevolazioni del 17,67% che si risolve in un massimo di 10,60% agevolato per le piccole imprese, di 8,84% per le medie imprese e del 7,1% per le grandi imprese. Il raddoppio delle risorse ex post avvenuto ieri a 3,4 miliardi non risolve il problema lasciando l'agevolazione molto al di sotto di quella già considerata insufficiente in vigore sul vecchio credito d'imposta Mezzogiorno. Per lo sviluppo del Sud servono più risorse ma soprattutto una programmazione almeno a 36 mesi di strumenti e risorse".

A dirlo, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, l'esperto Ivo Allegro, ceo e founder di Iniziativa, boutique italiana dei servizi di advisory per lo sviluppo delle imprese sartoriale e tagliata sulle specificità delle aziende italiane. Iniziativa, che ha il suo quartier generale di Napoli e sedi a Roma, Torino, Milano e Bruxelles, dagli anni 70 agisce come financial advisor supportando anche i processi di pianificazione strategica e di attuazione della strategia, di riassetto finanziario e societario, di ottimizzazione e controllo della performance in primis finanziaria, con un focus specifico al mondo del middle market, ossatura portante del tessuto produttivo del paese.

"Il tasso di agevolazione così ridotto - spiega Allegro, che è anche docente di 'Project E accesso a fondi pubblici' all’Università degli studi di Roma Unitelma Sapienza - probabilmente genererà un gigantesco effetto di spiazzamento degli investimenti preventivati. In assenza della consistente agevolazione attesa (pari anche al 60% dell’investimento per le piccole imprese) viene meno il criterio dell’addizionalità che è una fondamentale pietra angolare della disciplina Ue sugli aiuti di stato e gli investimenti che credibilmente verranno realizzati sono quelli che le imprese avrebbero realizzato anche in assenza dell’agevolazione (ovvero il tasso naturale d’investimento che è considerato insoddisfacente per generare sviluppo ed è il motivo per cui vengono erogate le agevolazioni) o anche meno, in quanto, nel quadro di incertezza creatosi molte imprese posticiperanno gli investimenti in attesa di tempi migliori".

"In tal senso - sottolinea - la prospettiva che il reale tasso di agevolazione, così come dichiarato recentemente dal Governo, verrà determinato solo ex post non appare rassicurante e, verosimilmente, non impatterà sull’effetto incentivante e sulle decisioni di investimento delle imprese che notoriamente hanno bisogno di certezze e non di aggiungere fattori di rischio a quelli già propri dell’attività d’impresa, vieppiù in un quadro complessivo macroeconomico non tranquillo. La sottovalutazione delle risorse necessarie per far fronte alla vitalità imprenditoriale del Mezzogiorno, che probabilmente non sono coerenti con l’attuale quadro della finanza pubblica, porterà al fallimento dell’idea alla base della Zes unica: quella di trattare tutto il sud in modo omogeneo".

“Nel 2022 - ricorda Allegro - la Commissione europea fotografava il fallimento di oltre 20 anni di politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno. Secondo il rapporto 'La coesione in Europa in vista del 2050: ottava relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale', tutte le regioni meridionali (salvo l’Abruzzo) si trovavano nella trappola dello sviluppo' (cioè, con una crescita rallentata che è sistematicamente inferiore alla crescita pro-capite della Ue e/o a quella nazionale) da oltre 14 anni (nel periodo 2001/2019)".

"Questo dato - osserva - è particolarmente significativo in quanto il Mezzogiorno, preso a sé, è una piccola potenza economica nel quadro delle 27 nazioni europee. Se si analizza il Pil 2023 delle 7 regioni che dal 2022 rientrano nella Convergenza più l’Abruzzo (cioè, le 8 regioni meridionali secondo il Pnrr e quelle destinatarie della Zes unica del Mezzogiorno), difatti, il Pil complessivo vale 370 miliardi di euro subito a ridosso dell’Austria (10° nazione per Pil di EU27 con 398,7 miliardi di euro) e prima dell’Irlanda (11° nazione con 356,1 miliardi di euro). E' considerando la popolazione di oltre 19 milioni di persone che il dato diventa negativo. In un quadro in cui la sfida della crescita economica per equilibrare il debito pubblico, enfatizzato ulteriormente dal Pnrr, non consente di eludere ulteriormente il tema dello sviluppo del Sud, appare urgente affrontare il nodo delle politiche industriali, soprattutto in un momento in cui le due regioni trainanti del Mezzogiorno (Puglia +6,1% e Campania +4,9%) hanno fatto registrare (finalmente) tassi di crescita del Pil del periodo 2019/2023 allineati e superiori a quelli delle regioni più sviluppate del Nord e il PIL 2023 del Mezzogiorno (+1,3%) si è collocato al di sopra della media nazionale (+0,9%)".

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