Cosa prevede il pacchetto di norme: direttiva e un nuovo regime di sanzioni
La Commissione Europea lancia un pacchetto di norme anticorruzione che comprende essenzialmente due cose: una direttiva che mira ad ammodernare il quadro legislativo Ue, risalente ad un ventennio fa, più un nuovo regime di sanzioni che prende di mira atti "gravi" di corruzione al di fuori dell'Ue, ma non solo, atti che rappresentino un rischio per la politica comune estera e di sicurezza. Le sanzioni mirano a colpire fenomeni di corruzione pregiudizievoli agli interessi della politica comune estera e di sicurezza senza alcuna limitazione geografica, come già succede per il quadro sanzionatorio per le violazioni dei diritti umani, che ha anch'esso carattere extraterritoriale.
Il nuovo regime sanzionatorio si aggiunge ai quarantuno già esistenti nella legislazione Ue: solo due di questi, quello per il Libano e quello per la Moldavia, prevedono oggi la corruzione come possibile causa di sanzioni. Le misure previste sono, come in altri schemi, il congelamento dei beni eventualmente detenuti nell'Ue, il divieto di finanziamento da parte di entità Ue e il divieto di viaggio nell'Ue. Non è escluso che le sanzioni possano essere dirette anche verso cittadini Ue, anche se probabilmente non sarà il caso più frequente, spiega una fonte comunitaria.
La direttiva si prefigge tre obiettivi: armonizzare i reati legati alla corruzione e le relative sanzioni nell'Ue; assicurare indagini e punizioni efficaci dei reati; aumentare la prevenzione dei fenomeni di corruzione. La lista comune dei reati prevede, oltre alla corruzione, anche il traffico di influenze, l'abuso d'ufficio, l'ostruzione alla giustizia e l'arricchimento illecito.
Viene proposto di innalzare le soglie minime per le pene previste per la corruzione e l'ostruzione alla giustizia. Vengono anche previste pene accessorie per i condannati per corruzione, come l'interdizione dai pubblici uffici e l'esclusione dall'accesso ai fondi pubblici, misure che valgono anche per le imprese. La direttiva intende armonizzare le circostanze aggravanti: per esempio, nel comminare la pena si dovrebbe tenere conto del grado del funzionario (tanto più è elevato, tanto più il reato è grave) e anche del fatto che il reato sia stato perpetrato a vantaggio di Paesi extra Ue o della criminalità organizzata.
Parallelamente, viene prevista un'armonizzazione delle circostanze attenuanti: per esempio, le persone che aiutano a trovare prove possono beneficiare di sconti di pena; le aziende possono ottenere pene ridotte se dimostrano di aver adottato delle misure preventive, oppure se hanno immediatamente denunciato alle autorità il reato, non appena ne sono venute a conoscenza. Per quanto riguarda il secondo obiettivo, assicurare indagini e punizioni efficaci, gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che le autorità abbiano tutti gli strumenti investigativi adeguati per scoprire e rilevare i reati, per esempio tramite intercettazioni telefoniche. Inoltre, per Ue le immunità non devono ostacolare l'attività investigativa: devono poter essere rimosse con procedure chiare.
Tuttavia, dato che le immunità sono una competenza strettamente nazionale e quindi il rischio di violare il principio di sussidiarietà è chiaramente presente, la direttiva non intende armonizzare le immunità nei vari Paesi Ue, ma solo, ha spiegato un alto funzionario Ue, assicurare che possano venire rimosse con una procedura trasparente e criteri chiari. Vengono anche fissati periodi minimi durante i quali si potranno svolgere le indagini, in modo che i reati non possano finire per restare impuniti. La direttiva contiene misure per prevenire la corruzione, come regole sui conflitti di interesse, accesso alle informazioni eccetera. E' inclusa anche una misura che, almeno sulla carta, potrebbe risultare controversa: nel caso in cui un funzionario pubblico dispone di un reddito molto elevato di provenienza probabilmente illecita, le autorità dovrebbero poterlo perseguire, senza dover provare necessariamente l'episodio specifico della corruzione. Basta che il giudice sia convinto che la ricchezza del soggetto sia di provenienza illecita e che non ci sia una spiegazione legale per la ricchezza accumulata. In questo caso, spiega un alto funzionario Ue, il soggetto può essere condannato e i suoi averi confiscati.