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Israele, Netanyahu: "Al lavoro su schema per rilascio ostaggi"

Delegazione in Qatar per nuovi colloqui anche se con mandato limitato

La protesta dei familiari degli ostaggi (Afp)
La protesta dei familiari degli ostaggi (Afp)
25 febbraio 2024 | 07.17
LETTURA: 3 minuti

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu starebbe lavorando a una strategia che permetta di arrivare al rilascio dei prigionieri di Hamas. "Stiamo lavorando per ottenere uno schema per il rilascio dei nostri ostaggi, nonché per completare l'eliminazione dei battaglioni del nemico a Rafah" scrive su X, spiegando di aver inviato "per questo motivo una delegazione a Parigi". "Pertanto - prosegue - all'inizio della settimana convocherò il gabinetto per approvare i piani operativi d'azione a Rafah, compresa l'evacuazione della popolazione civile da lì". "Solo una combinazione di pressione militare e negoziati risoluti porterà al rilascio dei nostri ostaggi, all'eliminazione di Hamas e al raggiungimento di tutti gli obiettivi della guerra" aggiunge.

Delegazione in Qatar per nuovi colloqui

Il governo israeliano ha approvato l'invio di una delegazione in Qatar per ulteriori colloqui su un potenziale accordo sugli ostaggi con Hamas. Lo riferiscono fonti citate da Axios, secondo cui tuttavia la delegazione israeliana avrà "un mandato limitato" e i colloqui si concentreranno sugli aspetti tecnici di una potenziale intesa.

La bozza di accordo per il cessate il fuoco

Secondo una fonte israeliana, citata da diversi media dello Stato ebraico, sarebbe stata concordata con Hamas "una bozza d'accordo" per un cessate uil fuoco temporaneo a Gaza, dopo i negoziati a Parig. "Ci sono stati colloqui positivi, ci sono progressi significativi - ha sottolineato -. Abbiamo una base su cui costruire un piano e i negoziati". La fonte afferma che lo schema sarà presentato prima al gabinetto di guerra per l'approvazione, poi al gabinetto allargato. La prossima fase dei colloqui, secondo la fonte, si concentrerà sulla questione centrale di quali ostaggi detenuti dai gruppi terroristici a Gaza e quali prigionieri palestinesi saranno rilasciati durante la tregua, insieme alle condizioni del cessate il fuoco.

Hamas ridimensiona le sue richieste

Secono i media sauditi Hamas avrebbe 'ammorbidito' alcune delle sue richieste per accettare l'accordo sul rilascio degli ostaggi in cambio della fine dei combattimenti. Per il sito Saudi A-Sharq, che cita fonti a conoscenza delle posizioni del gruppo, Hamas avrebbe ridotto il numero di detenuti palestinesi di cui chiede la liberazione, non chiederebbe più il ritiro completo delle forze israeliane da Gaza e sarebbe disponibile ad accettare una tregua iniziale di sei settimane, invece, del cessate il fuoco. Il gruppo chiede però che Israele si ritiri dai principali centri abitati, permettendo agli sfollati di tornare a Gaza.

Borrell: "Provocatorio annuncio nuovi insediamenti in Cisgiordania"

"L’annuncio del ministro israeliano Smotrich sulla costruzione di 3.300 nuove unità negli insediamenti illegali in Cisgiordania è provocatorio e pericoloso" scrive su X è l'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Ue, Josep Borrell. "Gli insediamenti rendono israeliani e palestinesi meno sicuri, alimentano le tensioni, ostacolano gli sforzi di pace e costituiscono una grave violazione del diritto internazionale".

Blinken: "Ferma opposizione alle 3mila nuove unità abitative israeliane"

"I nuovi insediamenti sono controproducenti alla ricerca di una pace duratura, sono anche in contrasto con il diritto internazionale". Lo ha dichiarato Antony Blinken, durante una conferenza stampa a Buenos Aires, affermando la contrarietà dell'amministrazione Biden all'annuncio, fatto ieri da Israele, della costruzione di 3mila nuove unità abitative in Cisgiordania.

"La nostra amministrazione mantiene la ferma opposizione all'espansione degli insediamenti - ha continuato il segretario di Stato Usa - a nostro giudizio, questi solo indeboliscono, non rafforzano la sicurezza di Israele". Dichiarando gli insediamenti "in contrasto con il diritto internazionale", Blinken revoca la cosiddetta dottrina Pompeo, dal nome del segretario di Stato di Donald Trump, Mike Pompeo, che nel 2019 aveva dichiarato gli insediamenti "di per sé non in contrasto con il diritto internazionale".

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