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L'Iran e l'Asse della Resistenza contro Israele e i suoi alleati

Le diverse forze in campo nel conflitto in Medio Oriente: quello che sappiamo sull'escalation e i suoi protagonisti

A Teheran bruciano la bandiera israeliana (Afp)
A Teheran bruciano la bandiera israeliana (Afp)
03 ottobre 2024 | 00.05
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Da un lato l'Iran, che come unico Stato alleato ha la Siria di Bashar al-Assad, ma che può contare sul sostegno delle milizie di Hezbollah, in Libano, degli Houthi, in Yemen, e di Hamas e della Jihad islamica palestinese nella Striscia di Gaza. Dall'altra parte Israele, che sempre più sembra poter contare sugli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita e la Giordania che con l'inasprirsi del conflitto si sono detti pronti a creare un cordone difensivo attorno allo Stato ebraico. Schierandosi quindi al fianco di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia nel caso di uno scontro diretto tra Iran e Israele.

In ogni caso, nel corso degli anni, sono numerosi i Paesi della Lega araba che hanno firmato trattati di pace e normalizzazione con Israele, a partire dal trattato di pace Egitto-Israele nel 1979. Del 1983 il trattato di pace israelo-libanese, sostenuto dagli Stati Uniti e nel 1994 il trattato di pace Israele-Giordania. Quattro anni fa, nel 2020, sono stati firmati gli Accordi di Abramo che hanno normalizzato le relazioni tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, l'accordo di normalizzazione Israele-Sudan e l'accordo di normalizzazione Israele-Marocco.

Gli alleati di Israele

Più di recente, quando l'Iran ha lanciato il suo primo attacco diretto della storia contro Israele lo scorso aprile, i sistemi di difesa aerea di Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Giordania si sono mobilitati per proteggere lo Stato ebraico. Dall'inizio del conflitto, inoltre, Amman ha sempre chiesto un cessate il fuoco a Gaza e ha inviato aiuti all'enclave palestinese, ha condannato nei giorni scorsi all'Assemblea generale dell'Onu gli attacchi israeliani contro il Libano, ma ha anche sempre mantenuto relazioni diplomatiche con Tel Aviv. E ad aprile, appunto, la contraerea giordana ha abbattuto sul suo territorio missili lanciati dall'Iran verso Israele.

Da tempo, l'Arabia Saudita e Israele collaborano scambiandosi informazioni di intelligence in particolare sull'Iran. Secondo Il Times Riad avrebbe anche testato la capacità di abbassare le proprie difese aree per permettere a Israele di attaccare l'Iran passando attraverso lo spazio aereo saudita. Tutti negano, ma secondo il Times of Israel nel 2015 Israele avrebbe offerto all'Arabia Saudita la tecnologia Iron Dome per proteggersi dai razzi provenienti dallo Yemen. Davanti agli occhi del mondo, nel 2018 il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva difeso il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman dalle accuse sull'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, definendo ''l'Arabia Saudita molto importante per la stabilità della regione''. Israele e Arabia Saudita erano vicini a un accordo storico per normalizzare le loro relazioni diplomatiche prima dell'assalto di Hamas a Israele che ha portato alla sospensione dei negoziati.

Gli Emirati Arabi Uniti, che già da quattro anni hanno normalizzato i rapporti con Israele, hanno più volte condiviso con l'alleato americano informazioni di sicurezza riguardanti presunti piani di guerra dell'Iran. Dopo lo scoppio della guerra a Gaza, la leadership degli Emirati Arabi Uniti non ha pensato di rivedere i rapporti con Israele, ritenendo che i benefici strategici dell'accordo superino i costi in termini di immagine in Medioriente. L'insistenza nel mantenere i rapporti con Israele, al contrario del Bahrein che ha interrotto i rapporti commerciali con lo Stato ebraico dopo il 7 ottobre, e il silenzio su Gaza sta infatti facendo crescere il malcontento interno e sta facendo svanire la percezione del ruolo degli Emirati come stabilizzatore regionale. La domanda che l'International Crisis Group si pone è se questo calcolo reggerà alla guerra che continua e alla pressione che cresce.

L'Iran e l'Asse della resistenza

Dalla parte dell'Iran, invece, c'è il cosiddetto 'Asse della Resistenza' o 'Asse del Male' come lo definisce Israele, una rete di milizie e gruppi politici sostenuti da Teheran in Medio Oriente. Gli Stati Uniti designano la maggior parte di questi gruppi come organizzazioni terroristiche. L'obiettivo dell'Asse della resistenza è quello di unire e coordinare un conflitto contro Israele con l'obiettivo di distruggere lo stato ebraico. Nel corso degli anni, tramite le Forze al-Quds, unità speciale dei Pasdaran, l'Iran ha stanziato fondi per rafforzare le capacità militari di ciascun gruppo e per aumentare la connessione tra loro. C'è quindi Hamas, che il 7 ottobre dalla Striscia di Gaza ha sferrato quello che per gli israeliani è considerato il peggior attacco subito dall'Olocausto. Ma prima e dopo di questo, Hamas conduce con regolarità attacchi con droni contro Israele, droni che vengono forniti dall'Iran. Nella Striscia di Gaza ricevono sostegno dall'Iran anche la Jihad islamica palestinese, il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) e il Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp).

Grande ruolo nell'Asse è riconosciuto a Hezbollah, emerso in Libano con il sostegno diretto dell'Iran nei primi anni '80 e concentrato nel sud del Paese dei Cedri. Il suo fondatore, Hassan Nasrallah, è stato ucciso lo scorso 27 settembre in un raid aereo condotto da Israele. Che, oltre a lui, nei giorni precedenti ha decapitato la leadership del 'Partito di Dio'.

L'unico Stato che, insieme all'Iran, fa parte dell'Asse è la Siria di Bashar al-Assad. Da tempo, dal punto di vista strategico, l'Iran sostiene l'esercito di Assad e diversi gruppi di milizie filo-governative a sostegno del regime. Tra queste milizie paramilitari ci sono la Brigata Fatemiyoun, la Brigata Baqir, la Brigata Zainebiyoun e Quwat al Ridha.

Poi c'è lo Yemen dove i miliziani sciiti Houthi operano come una "forza per procura" contro il governo riconosciuto dalla comunità internazionale e per fare pressione sui due principali rivali dell'Iran nella regione, Israele e Arabia Saudita. Secondo l'analista militare britannico Michael Clarke, fondatore del Centre for Defence Studies e dell'International Policy Institute, gli Houthi sono "pronti a fare la guerra praticamente a chiunque" e "agli iraniani conviene mantenere in vita gli Houthi".

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