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Stop auto benzina e diesel da 2035, perché Ue frena

Il voto è congelato, la Germania è la 'chiave' per il rinvio

Stop auto benzina e diesel da 2035, perché Ue frena
03 marzo 2023 | 21.19
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Le difficoltà dei Liberali nella coalizione con i Socialdemocratici e i Verdi che governa la Germania stoppano, almeno per ora, l'approvazione del regolamento Ue sulle emissioni per le auto e i van, che fissa l'obiettivo di vendere in Europa solo veicoli nuovi a emissioni zero entro il 2035, quando dovrebbe scattare lo stop per auto a benzina e diesel. La presidenza svedese di turno del Consiglio Ue ha preso atto della situazione e ha rinviato a data da destinarsi il voto, togliendo il punto dal Coreper di stamani. Se tutto fosse andato liscio sarebbe stato approvato, come punto senza discussione, nella seduta del Consiglio Educazione di martedì 7 marzo, al termine di un iter iniziato con la proposta della Commissione, il 14 luglio 2021.

E invece no. La coalizione Spd-Verdi-Fdp che governa il primo Paese dell'Ue ha bisogno ancora di qualche tempo per trovare la quadratura del cerchio. Dopo il ministro dei Trasporti Volker Wissing, liberale, è stato lo stesso leader dell'Fdp, Christian Lindner, a dire esplicitamente che il suo obiettivo è far sì che "auto con motore a combustione interna possano essere immatricolate in Germania dopo il 2035", riporta l'Hamburger Abendblatt. Il rinvio del voto sul regolamento, la cui approvazione, dopo il via libera del Parlamento Europeo, si è arenata nella fase finale, si è reso necessario per via della minoranza di blocco formatasi in Consiglio: Polonia e Italia hanno annunciato che voteranno contro, cosa ribadita anche ieri dal ministro delle Imprese Adolfo Urso, mentre la Bulgaria ha detto che si asterrà (l'astensione vale come voto contrario). 

Italia e Polonia sono due grandi Paesi: con la Germania, che è il primo Paese dell'Ue, fanno tre. E la maggioranza qualificata in Consiglio salta, con l'apporto della Bulgaria. La coalizione Spd-Verdi-Fdp su questo tema, come su altri, ha bisogno di tempo per arrivare ad una posizione comune. Ieri pomeriggio è apparso chiaro che la Germania non sarebbe riuscita a risolvere la questione entro stamani e che dunque, se ci fosse stato un voto, si sarebbe astenuta. Con l'astensione tedesca, il regolamento sarebbe stato bocciato: senza Italia, Polonia, Germania e Bulgaria è a favore solo circa il 58% della popolazione Ue, meno del 65% richiesto dalla maggioranza qualificata (l'altra condizione, almeno 15 Stati membri, è invece soddisfatta, perché i favorevoli sono 23).

La presidenza svedese ha così deciso di rinviare la questione a data da destinarsi, togliendo il punto anche dalla prossima riunione del Consiglio. Ora, comunque, una riapertura del testo, negoziato e concordato da tempo, è molto difficile da ipotizzare. La Germania ha fatto sapere di volere che la Commissione avanzi una proposta sull'uso degli e-fuels, diversi dai biocarburanti: gli e-combustibili, come l'e-metano, l'e-kerosene e l'e-metanolo, sono combustibili in forma gassosa o liquida prodotti da elettricità rinnovabile (energia solare o eolica, ad esempio) o decarbonizzata. La Commissione ha sottolineato, tramite i suoi portavoce, la "novità" delle preoccupazioni emerse tra gli Stati membri e ha detto che ora studierà il modo migliore per procedere. 

Sul piano politico, è abbastanza evidente che la vittoria del centrodestra a trazione Fdi in Italia, che è un grande Paese Ue, modifica gli equilibri a Bruxelles, anche se è difficile pensare che il rinvio di oggi preluda ad una revisione profonda del testo. Ma ora i Liberali tedeschi, in difficoltà come junior partner di una coalizione orientata a sinistra, hanno trovato una sponda, nel Consiglio, in due Paesi governati dall'Ecr, i Conservatori, che sono l'Italia di Giorgia Meloni e la Polonia di Mateusz Morawiecki, su un tema sensibilissimo come l'automobile, uno dei simboli della moderna libertà individuale. Del resto le perplessità sul regolamento, almeno in Italia, non sono affatto un'esclusiva della destra e del centrodestra: l'ex presidente della Commissione Europea Romano Prodi, che conosce bene le imprese, ha spiegato anche di recente perché ritiene sbagliato puntare su un obiettivo così ambizioso, che rischia di menomare la filiera dell'automotive, specialmente in Italia, e di accentuare la dipendenza dell'Europa dalle materie prime e dalle forniture extra Ue. 

E persino il commissario all'Economia Paolo Gentiloni, che per storia personale è tutt'altro che insensibile alle tematiche ambientali (ha diretto per 8 anni Nuova Ecologia, la rivista di Legambiente) ed è un grande sostenitore della validità del Green Deal, l'altra sera a Bruxelles, in occasione della presentazione dell'ultimo libro di Angela Mauro, ha notato, citando Giuliano Ferrara, che è bene essere cauti quando si vanno a toccare "la casa e l'auto". Il problema è, tra l'altro, che la filiera italiana dell'automotive è, almeno in parte, legata al motore a combustione interna e una transizione accelerata al full electric rischia di avere un impatto importante, anche in termini occupazionali, specie sulle pmi del Nord Italia. Oggi la Commissione, interrogata sul punto, ha dato una risposta vaga, senza fornire stime puntuali sui posti di lavoro che andrebbero persi (associazioni di settore hanno stimato perdite di circa 500mila posti a livello Ue).

Anche se gli equilibri sono cambiati, è decisamente prematuro dedurre che sia in vista una maggioranza diversa nell'Europarlamento: anche alla destra del Ppe, c'è chi ne dubita fortemente, perché allo stato mancano i numeri. Tuttavia, le elezioni europee del 2024 si avvicinano e nel Ppe, almeno in una parte del partito, l'insofferenza per le politiche verdi propugnate dalla Commissione von der Leyen è sempre più evidente. E in aula l'asse con le destre dell'Ecr e di Id su queste tematiche spesso salta agli occhi: oggi il gruppo dei Popolari ha salutato come una "buona notizia" il rinvio del voto sul regolamento in Consiglio, dopo che in Parlamento era passato con una maggioranza tutt'altro che schiacciante. Massimiliano Salini, eurodeputato di Forza Italia, relatore in commissione Trasporti sul regolamento, è il più esplicito e dice chiaramente che il rinvio di oggi costituisce "un severo monito alla cosiddetta 'maggioranza Ursula' che regge la Commissione: sulla transizione ecologica l’esecutivo Ue sta sbagliando".

O la Commissione "corregge subito il tiro - avverte l'eurodeputato lombardo - oppure saranno i cittadini a imporre il cambiamento, spazzandola via con il voto europeo del 2024". Insomma, von der Leyen è avvisata: se vuole ricandidarsi, è meglio che cambi direzione. E' tuttavia improbabile che lo stop di oggi si traduca in uno stravolgimento del testo del regolamento, che è stato negoziato per mesi e chiuso in trilogo nell'ottobre scorso (piuttosto, è singolare che l'opposizione si concretizzi solo ora, in zona Cesarini, e che non sia emersa compiutamente prima, vista l'importanza del provvedimento). I Verdi sono il secondo partito della coalizione a Berlino: sono diventati più pragmatici, ma non possono certo permettere che la bocciatura di un provvedimento chiave del Green Deal  avvenga grazie al loro governo. 

Il copresidente dei Verdi/Ale, il belga Philippe Lamberts, e l'eurodeputato ecologista olandese Bas Eickhout l'hanno detto chiaramente, all'unisono: la Germania "deve restare un partner europeo affidabile". Anche il ministro delle Imprese Adolfo Urso, pur ribadendo che l'Italia voterà contro, ha fatto capire che non è il caso di farsi troppe illusioni, parlando di un "segnale" che Roma ha deciso di dare in sede Ue in vista soprattutto di altri dossier. Ora tocca alla Commissione Europea decidere come procedere. Intanto, domenica 5 marzo, la presidente von der Leyen parteciperà come ospite al ritiro del governo federale tedesco nel castello di Meseberg, nel Brandeburgo. Anche se si tratta di un appuntamento fissato "da tempo", come ha detto la portavoce Dana Spinant, non è detto che non colga l'occasione per cercare una via d'uscita con il cancelliere Olaf Scholz. 

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