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Pnrr, in gioco anche reputazione e fiducia (oltre alle risorse)

Il premier Meloni ha chiarito che non vuole perdere i fondi, la Lega rilancia con Bagnai

Pnrr, in gioco anche reputazione e fiducia (oltre alle risorse)
04 aprile 2023 | 14.14
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Giorgia Meloni ha chiarito con parole esplicite e continua a far passare il messaggio che non ha nessuna intenzione di rinunciare, neanche in parte, alle risorse del Pnrr. Solo ipotizzarlo ha infatti una serie di conseguenze negative. Sono quelle concrete, perdere denaro indispensabile per cambiare il Paese, e quelle legate alla fiducia e alla reputazione, armi indispensabili per governare.

Tenere la barra dritta serve anche a rispondere ai dubbi, alle accuse al precedente governo, quello guidato da Mario Draghi, alle ipotesi di un drastico cambio di rotta che arrivano dalle fila della maggioranza che sostiene il suo governo. Serpeggia infatti l'idea che il Pnrr possa non essere più considerata la priorità delle priorità, che uno scarico di responsabilità possa essere utile a liberarsi di un impegno gravoso. Lo dimostrano, anche oggi, altre parole. Sono quelle del leghista Alberto Bagnai. "Il tema del Pnrr ha suscitato fin dall'inizio le nostre perplessità nel merito e nel metodo. Nel merito, perché fin dall'inizio ci siamo posti il tema di quanto le priorità scelte in Europa che il Pnrr incorporava fossero effettivamente compatibili con le esigenze del tessuto produttivo del nostro Paese: nel Pnrr non c'è un centesimo per le strade, bisogna spendere in cemento".

Sono obiezioni che a questo punto rischiano di pesare come un macigno sul percorso dell'Italia. E' il Paese europeo che ha diritto a più fondi, 191,5 mld, e rinunciare a una parte delle risorse avrebbe ripercussioni consistenti. Sia, ovviamente, perché ci sarebbero meno soldi da impiegare per modernizzare il Paese e fare le riforme strutturali che servono sia perché sarebbe una scelta che peserebbe non poco sui rapporti con l'Europa e su qualsiasi altra futura interlocuzione che riguardi la possibilità di condividere il debito tra gli Stati membri. Il Recovery fund, nato per fronteggiare le conseguenze della pandemia Covid, è infatti uno sforzo senza precedenti, che per la prima volta ha costruito una risposta collettiva che aiuta in maniera proporzionale rispetto alle esigenze. Un tema importante per tutti, cruciale per un Paese come l'Italia che deve gestire un debito pubblico particolarmente ingombrante. In ballo, insieme ai soldi, c'è anche la reputazione.

C'è poi un'altra considerazione da fare. La flessibilità che chiede Meloni rispetto agli obiettivi del Pnrr è ampiamente prevista dalla Commissione Ue. Si tratta, semplicemente, di negoziarla. Come? Garantendo le riforme, la correttezza dei progetti e delle procedure per attuarli. "Su alcune cose bisogna verificare la fattibilità, però è oggetto di un’interlocuzione con la Commissione sulla base di quello che noi riteniamo sia necessario per spendere queste risorse al meglio”, ha spiegato oggi il premier. E lo spazio c'è, purché si rimanga nello spirito del Recovery Fund, ovvero: risorse, tante, in cambio di serietà.

Rinunciare a una parte delle risorse per tenersi le mani libere vorrebbe dire tornare a uno spirito diverso, quello del 'facciamo da soli', che avrebbe due conseguenze immediate: perdere l'occasione di un maxi finanziamento a un tasso vantaggioso, e quindi sprecare un'opportunità che difficilmente potrà ripresentarsi, ed esporsi al rischio di tornare marginali in Europa e, sarebbe il passo successivo, a quello di perdere la fiducia degli investitori e dei mercati finanziari. Non si rinuncerebbe solo alle risorse del Pnrr ma anche all'ombrello che restare nel sistema del Pnrr tiene aperto. (Di Fabio Insenga)

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