La riforma fiscale, con il decreto legislativo numero 209 del 2023, ha introdotto un nuovo regime impatriati prevedendo un assetto di regole e di benefici del tutto diverso rispetto al passato. Una panoramica su requisiti e agevolazioni
Tornare a lavorare in Italia dopo un periodo all’estero garantisce una serie di vantaggi fiscali, ma quali requisiti servono per usufruirne?
Dal 2024, con le novità della riforma fiscale, accedere ai benefici è diventato più complesso e le agevolazioni sono diventate più deboli. Ma rientrare resta vantaggioso: in presenza di specifiche condizioni, come l’impegno a restare in Italia e un’elevata qualificazione o specializzazione, la base imponibile si dimezza.
In altre parole le imposte da versare vengono calcolate sulla metà dell’importo dei redditi di lavoro prodotti: una panoramica sull’impianto di regole su cui si fonda il nuovo regime impatriati.
Stando ai dati del Rapporto Italiani nel Mondo 2023 della Fondazione Migrantes, sono circa 6 milioni i cittadini e le cittadine che vivono all’estero, una cifra in crescita costante dal 2006.
Per i titolari di redditi di lavoro dipendente, di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di redditi di lavoro autonomo che derivano dall'esercizio di arti e professioni, in caso di trasferimento della residenza in Italia, è prevista una riduzione della base imponibile del 50 per cento, nel limite annuo di 600.000 euro. A prevederlo è l’articolo 5 del decreto legislativo numero 209 del 2023.
Si ha diritto alle agevolazioni per 5 anni nel rispetto dei seguenti punti:
● è necessario rispondere a requisiti di elevata qualificazione o specializzazione;
● bisogna restare in Italia per almeno quattro anni e prestare per la maggior parte l’attività lavorativa sul territorio;
● il periodo all’estero deve aver avuto una durata di almeno 3 anni, che aumenta se il lavoratore o la lavoratrice prosegue l’attività con lo stesso datore di lavoro con cui lavorava prima del trasferimento:
- sono richiesti sei anni se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia con lo stesso soggetto oppure con un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
- sette anni, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia con lo stesso soggetto oppure con un soggetto appartenente al suo stesso gruppo.
Possono accedere ai vantaggi del regime impatriati sia coloro che sono stati iscritti all'AIRE, Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, che coloro che hanno avuto la residenza in un altro Stato con convezione contro le doppie imposizioni.
La riduzione della base imponibile, su cui vengono calcolate le imposte da versare, si fa più vantaggiosa per coloro che hanno figli o figlie minorenni, anche loro residenti in Italia: per i genitori si arriva al 60 per cento. E la maggiorazione vale anche per le nascite o le adozioni durante il periodo di fruizione dei benefici.
Il testo del decreto di attuazione della riforma fiscale con le novità per le lavoratrici e i lavoratori impatriati che è stato approvato in esame preliminare dal Governo lo scorso ottobre prevedeva regole ancora più rigide che segnavano una cesura netta con l’assetto precedente.
Il vecchio impianto era caratterizzato da una maggiore generosità, la riduzione della base imponibile arrivava al 70 per cento ad esempio, e da una maggiore apertura sulla potenziale platea di beneficiari e beneficiarie.
Anche per questo è stata prevista una misura che fa da ponte tra vecchio e nuovo regime per coloro che avevano scelto di trasferirsi in Italia tenendo conto delle agevolazioni in vigore nel 2023.
In caso di trasferimento della residenza anagrafica nel corso del 2024, le lavoratrici e i lavoratori che sono diventati proprietari di una casa entro il 31 dicembre 2023, o comunque nei dodici mesi precedenti al trasferimento, possono beneficiare di una proroga della riduzione della base imponibile di tre anni.