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Turismo, in migliaia a San Giovanni in Fiore sulle orme dell’abate Gioacchino

Turismo, in migliaia a San Giovanni in Fiore sulle orme dell’abate Gioacchino
23 giugno 2023 | 14.35
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“Migliaia di turisti vengono ogni anno a San Giovanni in Fiore, centro della Sila cosentina, attratti dalla figura di Gioacchino da Fiore, dal fascino del Medioevo, dall’idea che l’abate sia un santo pur non essendolo, ma attratti anche dalla riscoperta della natura e dal fascino del mistero. Il ‘cammino di Gioacchino’ è percorso da migliaia di persone che in tempo di incertezze e conflitti si avvicinano all’abate, per me un filosofo della contemporaneità”. Parole di Emiliano Morrone, giornalista e saggista calabrese che sulla rivista internazionale di studi filosofici diretta dal professore Michele Borrelli si è interessato soprattutto agli aspetti, che ritiene in parte trascurati, dell’attualità del pensiero di Gioacchino da Fiore.

Morrone, parlando con l’AdnKronos, svela le ragioni che ogni anno portano migliaia di turisti sulle orme dell’abate citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia. “Migliaia di persone all’anno vengono a San Giovanni in Fiore attratti dall’abate Gioacchino da Fiore – osserva Morrone -, molti con le crociere sbarcando a Crotone, gruppi organizzati che vengono a visitare l’Abbazia Florense, grazie a un accordo che la sindaca Rosaria Succurro ha siglato con più tour operator, e che arrivano per visitare la chiesa di Gioacchino e sentir parlare di lui. A ciò si affianca una generale ripresa del turismo religioso legato a Gioacchino da Fiore, soprattutto da quando, nell’ottobre scorso, è stato istituito il premio ‘Città di Gioacchino da Fiore’, dato non a studiosi dell’abate ma a figure distintesi in vari campi, dall’arte allo spettacolo, dal cinema alla cultura. Anche questo ha riportato l’attenzione su San Giovanni in Fiore”.

“Già a dicembre – prosegue Morrone – si è registrata una risposta, e in più, con la collaborazione che il Comune e la parrocchia dell’Abbazia Florense hanno stretto già dall’anno scorso, che contempla la possibilità di visitare tutta l’Abbazia Florense con un unico biglietto, c’è stata un’ulteriore intensificazione del turismo legato alla figura dell’abate. Per intenderci, adesso chi viene visita la navatella di sinistra dove sono riprodotte le tavole del ‘Liber figurarum’ di Gioacchino da Fiore, e inoltre da qualche mese a questa parte il Comune ha dato in gestione tutti gli spazi dell’Abbazia Florense, compresa la navata di sinistra, a una società con proprie guide turistiche che parlano anche le lingue straniere”.

“Devo aggiungere – spiega ancora Morrone - che anche la collaborazione fra il Comune e il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti presieduto da Giuseppe Riccardo Succurro, che ha sede a San Giovanni in Fiore e ha il grande merito d’aver tradotto le opere di Gioacchino, ha dato in questo senso i suoi frutti. E’ stato istituito, poi, anche un premio Gioacchino da Fiore organizzato dal Centro e dedicato agli studiosi dell’abate che ha contribuito a determinare un incremento delle presenze turistiche da tutta la Calabria basato sull’attrazione della figura di Gioacchino da Fiore. Per tutte queste ragioni, dunque, abbiamo registrato la presenza di migliaia di turisti più che in passato”.

“I turisti – sottolinea Morrone - vengono a San Giovanni in Fiore anche per visitare i resti della prima vera chiesa di Gioacchino da Fiore in località Jure Vetere Sottano, che sarà interessata dal passaggio di una ciclovia turistica attraverso un percorso in fase di realizzazione. I turisti che arriveranno lì troveranno un sistema elettronico plurilingue con il quale potranno avere notizie sul passaggio di Gioacchino da Fiore in Sila e sull’importanza dell’abate. È un progetto che sarà realizzato a breve e per il quale l’amministrazione di San Giovanni in Fiore, con un fondo concesso dalla Regione, ha acquistato questo primo sito dell’abate”.

“Nel 2025, ma non è escluso già nel 2024 – prosegue Morrone -, è prevista l’uscita del film ‘Il monaco che vinse l’apocalisse’ diretto da Jordan River, il primo film basato sulla vita e l’opera di Gioacchino da Fiore. Molte scene sono state girate in Sila, e anche questo si inserisce nel discorso di promozione turistica legata al territorio e alla figura di Gioacchino da Fiore”.

I motivi che spingono i turisti a prendere un volo, un treno, una nave per la Calabria per poi approdare a San Giovanni in Fiore sono, dunque, molti, e fra questi Morrone inserisce “il fascino per il Medioevo, da un lato, e dall’altro l’idea che Gioacchino da Fiore sia stato un santo. Certo, non è santo e neppure beato, ma a livello locale è ripreso il culto di Gioacchino da Fiore. Non dico che fa l’effetto di Padre Pio, anche se a Gioacchino sono attribuiti dei miracoli, ma è in atto una ripresa della figura di Gioacchino da Fiore anche da parte della Chiesa. Fondamentalmente l’abate riteneva possibile il compimento della giustizia su questa terra, e questo è un concetto un po’ particolare, se vogliamo di ‘scontro’, in quanto per la dottrina cattolica la giustizia ci attende nell’aldilà. La Chiesa guarda all’abate con un occhio positivo e gli dedica, ormai da anni, anche delle funzioni religiose. Il suo fascino attira gruppi religiosi, certo, ma anche gruppi di laici interessati al fenomeno religioso di un uomo che visse nel Medioevo e morì il 30 marzo del 1202”.

Per Morrone, inoltre, non è da trascurare anche “l’opera di riqualificazione strutturale dell’Abbazia Florense, coi lavori già avviati sotto l’attuale l’amministrazione. Saranno ripristinate anche tutte le illuminazioni. L’occhio vuole la sua parte, ragione per cui quando i turisti arriveranno troveranno una struttura più bella e più ‘visibile’”. Com’è noto, l’abate Gioacchino da Fiore è citato anche da Dante Alighieri nella Divina Commedia, collocato nel XII Paradiso.

“Non è cosa da poco, certo, ma il collegamento fra Dante e Gioacchino da Fiore è in un certo senso controverso ma soprattutto ‘elitario’, in grado di interessare una nicchia. René Guénon sosteneva, mettendo dentro anche i templari, che la citazione dell’abate da parte di Dante Alighieri fosse da ricondurre all’appartenenza a una comune tradizione sapienziale, ma, ripeto, il collegamento fra il Sommo Poeta e l’abate non arriva al pubblico di massa. Parliamo di una terzina, ‘e lucemi da lato/il calavrese abate Giovacchino/di spirito profetico dotato’. Dunque se è vero che questo legame a livello territoriale è molto riverberato, anche sulla stampa locale, all’esterno non arriva”.

“Il collegamento fra Dante e l’abate è dunque forte, innegabile - osserva Morrone -, altrimenti il Sommo Poeta non l’avrebbe citato, e di certo ciò attrae una nicchia di turisti, ma ad attirarli qui è soprattutto la riscoperta della natura e del fascino del mistero insito nella natura stessa. Esiste da qualche anno a questa parte un ‘cammino di Gioacchino’ che si è inventato un’associazione lametina, con tanto di diffusione di documenti che raccontano il cammino di Gioacchino da Fiore. La gente ha riscoperto la passione delle camminate, e se a questa passione, immergendosi nella natura, si dà una motivazione, respirando aria pura e ripercorrendo le strade in un’atmosfera avvolta nel Medioevo e nel mistero, allora c’è tutto. Ecco, questo è un aspetto non secondario e molto più ‘pratico’ del collegamento fra Dante e Gioacchino, che è una roba per specialisti”.

Ma cosa si portano dietro i turisti che lasciano San Giovanni in Fiore dopo aver seguite le orme dell’abate Gioacchino? Morrone non ha dubbi: “La sorpresa di aver ‘scoperto’, come annota un grande studioso dell’abate, Andrea Tagliapietra, che non a caso ha fatto da consulente per la stesura del soggetto del film, l’attualità del pensiero di Gioacchino da Fiore soprattutto in tempo di grandi crisi, guerre, conflitti, incertezze economiche, esistenziali e sociali. La scoperta di un uomo, per molti un santo, che riteneva possibile il compimento della giustizia in questo mondo. Un precursore del Rinascimento, diceva ancora Tagliapietra, pur essendo un uomo del Medioevo. E io dico: un filosofo della contemporaneità, una figura in grado di dare risposte alla crisi di senso o, per dirla con Battiato e Sgalambro, di ‘vuoto di senso, senso di vuoto’, che viviamo adesso”.

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