Istanza revoca domiciliari Toti può slittare in attesa voto europee
Non un indagato, ma un politico. Nelle 17 pagine della memoria firmata dal governatore ligure Giovanni Toti consegnate ieri ai pm di Genova, al termine dell'interrogatorio in cui per otto ore ha risposto delle accuse di corruzione e voto di scambio, a scrivere è un "uomo e servitore dello Stato" pronto a difendere, spiegare e dare forza a iniziative politiche fatte "nell'unica prospettiva di servire il bene e l'interesse comune dei cittadini liguri e delle loro istituzioni".
Un politico ben lontano dall'idea di abdicare e che guarda alle prossime europee, in calendario l'8 e 9 giugno prossimo, come data da attendere prima di procedere all'istanza di revoca della misura degli arresti domiciliari. L'idea di aspettare o arrivare a pochi giorni dal voto prima di avanzare al gip la richiesta di tornare libero (i tempi per la decisione sono di norma di pochi giorno, ndr) sembra prendere corpo, a oltre due settimane dagli arresti domiciliari scattati lo scorso 7 maggio, ma la difesa non svela fino in fondo le sue carte: "Valuteremo come e quando presentarla, comunque presto".
Un'ipotesi che si collega alle esigenze cautelari messe nero su bianco nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Paola Faggioni, ossia al "pericolo attuale e concreto che l'indagato commetta altri gravi reati e, in particolare, che possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri". Senza richiesta di revoca, Toti resta in sella, secondo la linea scelta dal primo minuto dopo l'arresto: finché è ai domiciliari non può confrontarsi con la maggioranza, condizione necessaria - per il governatore ligure - per valutare insieme il possibile passo indietro.
"Nel mio percorso politico ho sempre perseguito l’interesse pubblico" che si concretizza - scrive Toti nella sua memoria - in un'apertura alle imprese che ha come "unica prospettiva la tutela dell’interesse collettivo". Ed è in questa chiave che va letta la volontà di modernizzare il porto di Genova, l'attenzione con cui monitora "e ove necessario sollecita il disbrigo delle pratiche, ovviamente nel pieno e trasparente rispetto della legge e delle procedure". Un'attenzione priva di discriminazione: tutti sono stati ascoltati, finanziatori del partito e non. E' questa la sua difesa a oltranza.
"Non ho mai travalicato le specifiche competenze degli enti e degli uffici preposti, mai ho ingerito nelle libere scelte e decisioni dei soggetti coinvolti mai ho fatto pressioni verso alcun soggetto, mai ho servito un interesse particolare in danno di quello collettivo". Una trasparenza rivendicata anche sotto il profilo dei conti. "Ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati" sono le parole che consegna ai magistrati.
E per fugare ogni minimo possibile sospetto, Toti spiega che l'attività politica ha conti correnti "dedicati e 'trasparenti', con strumenti di accredito e spesa tracciati, tracciabili e sempre rigorosamente documentabili". Si tratta di finanziamenti alla politica dunque e non 'mazzette' come sostiene la procura di Genova che contesta al governatore di aver incassato (tramite i comitati) circa 74mila euro dall'imprenditore Aldo Spinelli, anche lui agli arresti domiciliari, per garantirgli la concessione trentennale del terminal Rinfuse o interessarsi della privatizzazione della spiaggia pubblica di Punta Olmo.
E' sul restyling del porto, gli affari legati alla diga finanziata con il Pnrr, il finanziamento fatto da Francesco Moncada per sbloccare l’apertura di due punti vendita Esselunga (non indagata, ndr) a Sestri Levante e a Savona, i 195mila euro versati ai comitati elettorali dall’imprenditore dei rifiuti Pietro Colucci prima dell'ok all'ampliamento di due discariche in provincia di Savona che si concentrano le domande a cui Toti risponde punto su punto. Per ore, interrogato dai pm, offre precisazioni, ricostruisce i rapporti trasversali degli imprenditori con le altre forze politiche, incrocia le date dei bonifici con la sua agenda, respinge l’idea di essere debitore verso chi ha finanziato la sua politica, rimarca le decisioni collegiali sull'ammodernamento del porto e sostiene di non aver favorito Spinelli neppure per la spiaggia a Celle Ligure.
Ai magistrati, che gli contestano il voto di scambio, evidenzia i 380mila voti con cui vince le elezioni e come l'apporto di 400 preferenze della comunità Riesina "non è tale da turbare l'equilibrio democratico". La sua è una difesa alla sua morale e alla sua politica. In 17 dense pagine, in cui si dice pronto a collaborare per la verità sottolinea come "l'unica ragione del mio agire è stata quella di aiutare l'iniziativa privata per far crescere la Liguria" e come l'intervento nel porto sia stato solo per evitare guerre o contenziosi legali e bloccare un'attività che porta soldi nelle casse di Genova e dello Stato. Parole da governatore, di chi non vuole rinunciare, ma il destino politico di Toti, come quello giudiziario, è ancora tutto da decidere.
E' la concessione trentennale del terminal Rinfuse nelle mani dell'imprenditore Aldo Spinelli uno dei temi trattati nell'interrogatorio. Nel verbale che contiene 167 domande, emerge l'intenzione di Toti di fare il "prima possibile" nella proroga. "Era meglio anche per me definire entro settembre (del 2021, ndr) perché lasciarla aperta avrebbe provocato una tensione tra gli operatori del porto ed avrebbe alimentato polemiche giornalistiche per me politicamente negative" si legge nel documento.
Una 'fretta' di chiudere perché "politicamente era conveniente per me arrivare alle elezioni di Savona senza le polemiche derivanti dalla mancata proroga" ma l'intercettazione del 9 settembre in cui esorta Spinelli a "non scordarsi" di lui è per stessa ammissione di Toti un riferimento "al finanziamento", ma per il presidente della Regione Liguria "non c'era alcuna correlazione" tra il finanziamento e il comitato portuale, "dato che Spinelli mi finanziava da lungo tempo (dal 2015, ndr)".
A Toti viene contestata anche un'intercettazione del 17 settembre del 2021 dove si fa riferimento ancora a Spinelli. "Gli davo una buona notizia e cioè che il 29 andava all'ordine del giorno la sua pratica e gli reiteravo la richiesta di finanziamento. Non ho posto in relazione le due cose; al massimo era una 'captatio benevolentiae'; volevo fare vedere che mi ero interessato per velocizzare la pratica" conclude il governatore.
“Toti si è difeso spiegando tutti i fatti che gli vengono contestati e come le richieste rivolte per contributi elettorali siano state fatte per perseguire l’interesse pubblico”, ossia la crescita della Liguria. “Quello di ieri è stato un interrogatorio esaustivo”, ha spiegato l'avvocato Savi, oggi in procura per incontrare i pm davanti ai quali ieri si è e tenuto l'interrogatorio. “Valuteremo come e quando presentarla, comunque presto” assicura sull'istanza di revoca dei domiciliari.
“I bonifici sono tracciati, Toti ha fatto tutto alla luce del sole, ha trattato tutti gli imprenditori nello stesso modo: sia che contribuivano alla sua politica o meno. Nella vicenda del porto non ci sono vinti e vincitori, ma un accordo che - conclude l’avvocato - ha impedito una guerra” in un periodo di rilancio della struttura logistica.