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Long Covid e perdita dell'olfatto, come tornare a sentire gli odori

Sembra che un nuovo trattamento possa ripristinarlo

Una ragazza annusa i fiori (Fotogramma)
Una ragazza annusa i fiori (Fotogramma)
20 novembre 2023 | 15.58
LETTURA: 3 minuti

Una tecnica per ripristinare l'olfatto perduto nei pazienti con Long Covid. La procedura "mininvasiva" - della durata di 10 minuti, senza bisogno di sedazione o analgesia endovenosa - prevede di iniettare, su un lato del collo, un anestetico direttamente nel ganglio stellato, e stimolare il sistema nervoso autonomo regionale. A metterla a punto un team di scienziati americani - il cui studio compare fra i lavori protagonisti del meeting annuale della Radiological Society of North America (Rsna), in programma a Chicago dal 26 novembre - che si è occupato di una condizione comune a diverse persone le quali, pur essendosi lasciate il virus alle spalle, per lunghi mesi non riescono a liberarsi di alcuni sintomi. Uno è proprio la cosiddetta parosmia, un'alterazione dell'olfatto che non permette di percepire gli odori in maniera corretta.

"I pazienti possono sviluppare disgusto per cibi e bevande che prima apprezzavano", spiega Adam C. Zoga, professore di radiologia muscoloscheletrica alla Jefferson Health di Philadelphia, Pennsylvania (Usa). E alcuni arrivano a sperimentare una condizione per cui sentono odori 'fantasma', disgustosi o piacevoli, che non sono davvero nell'ambiente. La perdita dell'olfatto fu uno dei sintomi che all'inizio della pandemia di Sars-CoV-2 colpì di più. Ricerche recenti hanno rilevato che fino al 60% dei pazienti Covid ne sono stati colpiti. Ma mentre la maggior parte recupera nel tempo, per alcuni la parosmia non è rimasta solo un brutto ricordo. Anzi, queste persone hanno dovuto convivere con il problema per mesi o anche anni dopo l'infezione, con un impatto negativo sull'appetito e sulla qualità di vita generale. Gli autori della ricerca hanno dunque lavorato a una modalità per ripristinare l'olfatto in questi pazienti con Long Covid. E hanno pensato a una procedura mininvasiva guidata dall'imaging che potrebbe essere in grado di raggiungere l'obiettivo.

Nel dettaglio l'idea è stata di valutare i potenziali benefici del blocco del ganglio stellato. Si tratta di nervi presenti su ciascun lato del collo, parte del sistema nervoso autonomo, che regola i processi involontari tra cui la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna, la respirazione e la digestione. Trasmettono determinati segnali alla testa, al collo, alle braccia e a una porzione della parte superiore del torace. La procedura del blocco del ganglio stellato è stata utilizzata con vari gradi di successo per trattare una serie di condizioni, tra cui cefalea a grappolo, dolore all'arto fantasma, sindromi di Raynaud e Meniere, angina e aritmia cardiaca.

"Non eravamo del tutto sicuri che avrebbe funzionato per la parosmia", premette Zoga. Per lo studio, 54 pazienti sono stati indirizzati da uno specialista di orecchio, naso e gola dopo almeno 6 mesi di parosmia post-Covid resistente alle terapie farmacologiche e topiche. Ed è stata eseguita la procedura. I ricercatori hanno aggiunto una piccola dose di corticosteroide all'anestetico sospettando che il virus Covid potesse causare un’infiammazione dei nervi.

"Il paziente iniziale ha avuto un esito estremamente positivo, quasi immediatamente, con un miglioramento continuo fino alla risoluzione dei sintomi dopo 4 settimane", afferma Zoga. "Siamo rimasti sorpresi da alcuni risultati, tra cui una risoluzione quasi del 100%" del problema degli odori fantasma "in alcuni pazienti, durante lo studio". È stato ottenuto il follow-up per 37 pazienti (65%). E' emerso che 22 (59%) di questi hanno riferito un miglioramento dei sintomi una settimana dopo l'iniezione. E 18 (82%) hanno riportato un miglioramento progressivo significativo entro un mese dalla procedura. A tre mesi, si è verificato un miglioramento medio dei sintomi del 49% (intervallo dal 10% al 100%) tra i 22 pazienti.

Per 26 persone c'è stata una seconda iniezione somministrata all'altro lato del collo dopo un intervallo di almeno 6 settimane. Questa non è stata efficace nei pazienti che non avevano risposto neanche alla prima, mentre per l'86% di coloro che avevano riportato qualche miglioramento dopo la prima iniezione c'è stato un ulteriore progresso. Non sono state segnalate complicazioni o eventi avversi. "Altri trattamenti fino ad oggi hanno fallito", conclude Zoga. "Questa iniezione sta funzionando".

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