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Covid, studio: varianti possono sfuggire a test rapidi

Non abbandonare i molecolari

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05 ottobre 2022 | 17.42
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I test antigenici, i cosiddetti tamponi rapidi, hanno avuto "scarsa efficacia" nel contenimento dell'epidemia da Covid-19. E' la conclusione di uno studio, condotto da un team di ricercatori dell'Università di Padova e dell'Imperial College di Londra, coordinati dal virologo Andrea Crisanti e pubblicato su 'Nature Communications'. La ricerca evidenzia "nuovi limiti dei test antigenici diffusi in assenza di test molecolari a fini diagnostici o di conferma". In particolare, ai test antigenici sfuggirebbero delle varianti di Sars-Cov-2.

La ricerca riporta, infatti, per la prima volta i risultati di uno studio di sorveglianza ospedaliera in Veneto, che ha identificato una variante virale che sfugge al rilevamento mediante test antigenici, caratterizzata da molteplici sostituzioni di amminoacidi dirompenti nell'antigene N. Poiché questa variante è risultata circolare con maggiore frequenza in Veneto, dove il 57% dei test condotti tra settembre 2020 e maggio 2021 erano antigenici, rispetto al 35% del resto d'Italia, si è verificata successivamente l'ipotesi che l'aumentata frequenza degli antigenici in regione rispetto al resto del Paese avrebbe potuto favorire la trasmissione non rilevata della variante discordante.

"Descriviamo una variante Sars-CoV-2 che sfugge ai test dell'antigene N a causa di molteplici sostituzioni di amminoacidi dirompenti nella proteina N - spiega Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'Università di Padova -. Adattando un modello compartimentale multiceppo ai dati genomici ed epidemiologici, dimostriamo che il test antigenico diffuso nella regione italiana del Veneto ha favorito la diffusione non rilevata della variante antigene-escape rispetto al resto d'Italia".

Secondo Crisanti, "finora i test dell'antigene hanno contribuito positivamente alla sorveglianza delle principali varianti Sars-CoV-2, poiché entrambe le varianti discordanti precedentemente identificate avevano una capacità di adattamento virale (leggi R0) limitata e circolavano a bassa prevalenza. Tuttavia, poiché i test dell'antigene continuano a svolgere un ruolo vitale nella sorveglianza e nel controllo di Covid-19, rimane il rischio che l'assenza o l'uso limitato dei test molecolari possa non segnalare l'emergere di varianti in grado di sfuggire al test dell'antigene. Sebbene molti studi abbiano valutato i vantaggi economici ed epidemiologici dell'antigene rispetto alle strategie di test molecolari, nessuno ha studiato come tali strategie sarebbero influenzate da una variante che può sfuggire al rilevamento mediante il test dell'antigene". L'invito dei ricercatori è di "mantenere i test molecolari, non solo a fini diagnostici ma anche per scopi di monitoraggio e sorveglianza", conclude Crisanti.

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